Molka, la moda che spaventa le donne: telecamere nascoste per filmare l’intimità
In Corea del sud è toccato alle donne dare una lezione di stile e provare a sradicare la vergogna della “molka”. Fosse facile. Le squadre tutte al femminile che attraversano le città alla ricerca delle telecamere nascoste – le “molka”, appunto – non bastano a fermare il commercio online dell’intimità rubata: le trappole hi-tech disseminate dagli sporcaccioni si nascondono sotto i wc di bar e ristoranti e nei camerini dei grandi magazzini.
Una pestilenza oscena che infanga un paese noto al contrario per la guardinga e rispettabilissima riservatezza del suo popolo: la Corea del Sud. Ha Yena, una donna sudcoreana di 21 anni, dopo una serata con gli amici è andata a dormire in un motel. Nel mezzo della notte, ha sentito qualcosa tra le sue gambe. Quando si è svegliata non poteva credere ai suoi occhi: c’era un ragazzo che stava filmando le sue parti intime con un telefonino. “L’unica cosa che sono riuscita a balbettare è stata: ʽChi sei?’”, ricorda.
I numeri della “molka” sono da vera emergenza sociale, ora finita sulle pagine di tanti media asiatici. Nel 2010 in tutto il paese si contavano poco più di mille casi: oggi siamo già a 6600. E qui si parla soltanto di casi conclamati. Il numero delle persone finite in arresto è infinitamente più basso dei praticanti di questo sport meschino. E finito agli squallori della cronaca proprio grazie a due sportivi. In agosto Ahn Jong-taek ha dovuto mollare la carica di allenatore della nazionale di nuoto dopo che due dei suoi atleti erano stati pizzicati a piantare una camera nello spogliatoio delle colleghe.
Il mister si è assunto la responsabilità per l’omesso controllo e ha definito giustamente “vergognoso” l’incidente. I fatti risalgono al 2013 e la polizia ai tempi aveva mandato un intero plotoncino a scandagliare il centro sportivo di Jincheon. Inutilmente. Il vizietto ha fatto sempre più scuola e nel 2015 la parola diventata ormai parolaccia – “molka” – ha fatto il suo scandaloso ingresso tra le voci più cliccate su Google sorpassando perfino “Stato islamico”. “Oggi le donne coreane indossano maschere per coprirsi i volti e cercano i buchi nel muro quando vanno nei bagni pubblici”, ha scritto su Twitter Raphael Rashid, giornalista a Seoul.
“Le telecamere sono nascoste nel muro e persino dentro la toilette. Questi crimini sono dilaganti, e vengono commessi anche in bagni pubblici, palestre, piscine e strutture ricettive”. Stanche di vedere la propria intimità violata, le sudcoreane sono scese in piazza per dire che questa è una forma di violenza sessuale, un vero stupro. Il 9 giugno scorso, oltre 22mila donne, vestite di rosso e con il volto travisato, hanno manifestato a Seoul al grido di “La mia vita non è il tuo film porno” chiedendo al governo di intervenire con leggi più severe e la certezza della pena contro i responsabili di “molka”.
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