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    Home»Attualità»La perquisizione nelle logge ALAM a Prato e Firenze: escalation nella guerra massonica?
    Attualità

    La perquisizione nelle logge ALAM a Prato e Firenze: escalation nella guerra massonica?

    8 Settembre 202513 Mins Read
    La perquisizione nelle logge ALAM a Prato e Firenze - escalation nella guerra massonica
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    A vederla superficialmente, sembra che sia soltanto una squallida storia di ricatti della politica locale italiana, ma dietro sembra esserci molto di più.

    Ad essere vittima di questo gioco di ricatti è stato Tommaso Cocci, giovane politico 34enne di Fdi di Prato, che si è ritrovato oggetto di una campagna orchestrata, si pensa, da qualcuno all’interno del suo stesso partito oppure da compagni di loggia dello stesso Cocci.

    Cocci è un personaggio molto particolare.

    A soli 22 anni, riesce ad iscriversi presso la loggia massonica Sagittario degli Antichi Liberi Accettati Muratori, la cosiddetta ALAM, nata nel 1908 dopo lo scisma che si era consumato con il Grande Oriente d’Italia e sul quale si dirà di più a breve.

    Sembra che non ci sia nessun ostacolo alla carriera massonica di Cocci tanto che il giovane studente di Giurisprudenza diventa segretario del Gran maestro, l’imprenditore Riccardo Matteini Bresci, che è stato vicino al sindaco di Prato, Ilaria Bugetti, fino ai primi giorni di luglio, prima che scoppiasse una bufera giudiziaria ai suoi danni che la vede accusata di corruzione.

    Riccardo Matteini Bresci

    Da allora, Prato è nelle mani di un commissario governativo, il prefetto Claudio Sammartino, e il caso Cocci inizia a maturare proprio in quei giorni.

    Anonimi soggetti inviano presso la sede del comune di Prato una lettera e immagini hard gay di Cocci, che secondo quanto affermano i misteriosi autori della missiva, avrebbe partecipato a festini omosessuali a base di droga.

    La lettera e le foto iniziano a circolare anche tra i vari politici del partito, fino a finire nelle mani del sottosegretario agli Esteri, Giorgio Silli, che ricopre anche la carica di consigliere comunale di Cantagallo.

    Cocci vuole candidarsi apparentemente alle regionali in programma per la Toscana il prossimo ottobre, e dall’interno del partito, o forse dall’interno di qualche loggia, si scatena questa faida a luci rosse contro il giovane politico che sembra avere un pedigree molto poco lontano dai “valori”, almeno quelli di facciata, di Fratelli d’Italia che un tempo parlava di cristianità e di famiglia naturale, ma che sembra tollerare situazioni a dir poco “controverse” all’interno del suo partito.

    Sul tavolo non c’è soltanto la questione della vita privata di Cocci, ma anche la sua vicinanza allo stato ebraico, presso il quale lui si è recato in viaggio negli anni passati.

    Tommaso Cocci

    Sembra che questo giovane politico di Fdi abbia tutti gli appoggi necessari per sperare in un domani nel grande salto nell’agone della politica nazionale.

    Gli ingredienti ci sono tutti.

    C’è la sua appartenenza alla massoneria, c’è la sua passione per lo stato ebraico, e c’è anche una presunta omosessualità che nella politica attuale sembra essere una sorta di indispensabile passepartout per accedere a tutti i piani del potere che contano.

    Stavolta però la macchina della giustizia è stata rapidissima.

    Tra luglio e agosto Cocci ha presentato una denuncia per i plichi ricevuti, e la procura di Prato ha deciso subito di ordinare il sequestro degli elenchi della loggia Sagittario dopo nemmeno due mesi dai fatti.

    Interessante vedere come le marce della magistratura siano in talune occasioni rapidissime e in altre addirittura non partono proprio.

    Il procuratore che ha in mano l’inchiesta: Luca Tescaroli

    Ad avviare l’inchiesta è stato il procuratore capo di Prato, Luca Tescaroli, una vecchia conoscenza del passato.

    Tescaroli prima di diventare procuratore capo della procura di Prato, è stato per diversi anni in servizio a Caltanissetta dove concepì la famosa, o famigerata, inchiesta sui mandanti occulti degli attentati dell’92 che vedeva come menti di quella strategia stragista Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri.

    Si tratta di uno forse dei depistaggi più clamorosi degli ultimi 30 anni sugli attentati dell’92, diffuso soprattutto da una certa stampa liberale e progressista molto vicina a personaggi come Marco Travaglio e Michele Travaglio.

    Ci sono certamente degli elementi per pensare che Silvio Berlusconi all’inizio della sua carriera da imprenditore edile abbia ricevuto dei fondi da Cosa Nostra per iniziare le sue attività e che Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, sia stato il trait d’union tra questi due mondi, ma nessuno di questi due personaggi aveva le motivazioni e soprattutto le capacità per eseguire quella scia di attentati stragisti.

    25 anni addietro, Tescaroli nella sua requisitoria a Caltanissetta per il processo sulla strage di Capaci, tracciava un quadro che vedeva principalmente come responsabili degli attentati del’92-93 ambienti massonici e di estrema destra, ma il “buon” procuratore saltava a piè pari tutti quei pesantissimi indizi che indicavano come la mente di quegli attentati fosse vicinissima agli ambienti atlantici, che avevano, loro sì, tutto l’interesse a spingere la bufera giudiziaria di Mani Pulite e ad eliminare qualsiasi potenziale minaccia per i disegni stabiliti a Washington per l’Italia in quell’anno

    Luca Tescaroli

    Sulla strada di questi potentissimi ambienti che tirano le fila della disgraziata repubblica di Cassibile dal’43 in poi, si è trovato Giovanni Falcone che stava conducendo una inchiesta sui fondi neri del PCI, prima che fosse fatto saltare in aria poco prima del suo viaggio a Mosca.

    A Tescaroli forse sarebbe potuto interessare che l’inchiesta di Giovanni Falcone è la chiave per risalire ai mandanti che ordinarono il suo omicidio, che sembrano essere ben distanti dagli ambienti dell’estrema destra della quale parlava il magistrato 25 anni orsono, ma anzi, dal lato opposto dell’arco politico.

    Si tratta della pista che nessun magistrato ha mai voluto seguire.

    L’unica che ancora oggi può condurre la verità agli assassini di Falcone e del suo fraterno amico e collega, Paolo Borsellino, l’unico magistrato che probabilmente provò a raccogliere i pezzi di quell’inchiesta, prima di saltare in aria a sua volta, tramite un tipo di esplosivo dello stesso tipo di quello utilizzato ai tempi della strategia della tensione.

    Falcone aveva trovato la morte a sua volta per mezzo di una micidiale carica di esplosivo, 15 quintali di tritolo, questi invece dello stesso tipo degli ordigni navali angloamericani, e se è possibile intravedere una mano nella fattura di questa bomba, non è certo quella di Cosa Nostra, ma piuttosto quella degli ambienti atlantici.

    Sono queste le inchieste proibite che nessuno ha mai voluto fare, e il passato dei protagonisti aiuta a comprendere meglio oggi le sfumature del caso Cocci.

    Gli elenchi degli iscritti della massoneria: la zona proibita

    Tescaroli sembra oggi molto determinato a scoprire i mandanti di queste lettere e foto hard, e ha ordinato un’azione che pochissimi altri magistrati hanno intrapreso in passato, come il sequestro degli elenchi della loggia Sagittario del quale si diceva in precedenza.

    A prima vista, può sembrare un’azione ordinaria e invece non lo è fatto, e in passato chi ci ha provato ha incontrato non pochi problemi.

    A spiegarlo fu nel 1993 l’ex procuratore della procura di Palmi, Agostino Cordova.

    Agostino Cordova

    Cordova ha dedicato praticamente la sua intera vita giudiziaria a scoprire chi sono i membri delle logge massoniche coperte e chi governa queste strutture all’interno delle logge.

    La massoneria è segreta non solo per la sua natura, ma anche per la sua stessa gerarchia.

    E’ senz’altro vero che esiste una sua struttura esterna, nemmeno pienamente visibile perché si ignorano tutti i nomi degli iscritti ufficiali, ma al tempo stesso, ne esiste un’altra, coperta,  presso la quale ci sono i veri signori della massoneria.

    Si tratta di compartimenti talmente segreti che sono sconosciuti persino a larga parte dei massoni, con la sola eccezione di qualche Gran maestro e pochi altri massoni di elevato grado.

    A spiegare che le massonerie sono governate da questo livello coperto è stato per primo l’ex massone calabrese pentito, Domenico Margiotta, che nelle sue opere rivelò come Adriano Lemmi, primo Gran maestro del Grande Oriente d’Italia, riuscì a diventare il capo della massoneria italiana soprattutto perché godeva sia dell’appoggio della massoneria riservata esclusivamente agli ebrei, la famigerata B’nai B’rith, sia perché apparteneva al rito palladiano fondato da Albert Pike, potentissimo massone vicino a Mazzini, che a Charleston, nella Carolina del Nord, aveva fondato questa superloggia riservata soltanto a pochi eletti.

    Il giudice Cordova è di fronte a tale struttura che si trovò, e quando iniziò la sua inchiesta si scontrò contro un muro di gomma che impediva non solo l’accesso agli iscritti delle superlogge, ma anche gli iscritti delle logge ordinarie.

    Cordova raccontava che ogni qual volta si dava mandato alla DIGOS o ai Carabinieri di accedere agli elenchi delle logge, gli stessi membri delle forze dell’ordine si mettevano di traverso perché, a detta del magistrato calabrese, molti di loro erano parte di quegli apparati e sabotavano dall’interno qualsiasi inchiesta che potesse far emergere la loro appartenenza alla massoneria.

    Stavolta invece nessun intoppo. A Prato è filato tutto liscio.

    Appena Tescaroli ha ordinato di sequestrare gli elenchi degli iscritti delle logge coinvolte nell’inchiesta, la DIGOS e la Finanza si sono mosse rapidamente e hanno apparentemente acquisito i nomi dei massoni alla ricerca dei ricattatori di Cocci, anche se non è affatto certo che la conoscenza degli iscritti possa svelare chi abbia deciso di far circolare le immagini hard del massone pratese.

    La lettura del contesto forse può aiutare a capire meglio come mai azioni e inchieste che soltanto qualche anno fa erano considerate un tabù per la magistratura oggi stiano diventando sempre più frequenti.

    La guerra dentro la massoneria italiana

    Ad essere al centro dell’inchiesta di Prato è la citata massoneria ALAM, che, come si accennava in precedenza, si separò dal GOI nel 1908.

    Nella storia della libera muratoria italiana le faide di certo non sono mancate, ed esse sono sempre tutte dettate non tanto da una differenza di vedute sui fini della massoneria, ma tutt’al più sui mezzi per raggiungerli, o ancora più materialmente, su chi dev’essere il capo delle logge che governa tale potente apparato.

    Se si leggono le ricostruzioni ufficiali della separazione tra la massoneria del GOI, che ha la sua storica sede a palazzo Giustiniani, e quella degli ALAM, che storicamente si trovava a piazza del Gesù, viene detto che il divorzio sarebbe avvenuto perché i massoni di piazza del Gesù non erano così anticlericali come quelli del GOI, e non si può a fare a meno di sorridere a leggere tali favole.

    Sia il GOI che l’ALAM adottano come rito iniziatico quello scozzese, il più famoso e più utilizzato dai grembiulini, e se si vuole capire in cosa consiste tale rito si può ascoltare l’ex Gran maestro del 33° grado, Billy Schnoebelen, che ha spiegato come il rito scozzese sia un vero e proprio viaggio esoterico.

    Nel corso di questo cammino, al candidato, viene persino chiesto di calpestare il crocefisso e di gridare “morte alla superstizione”, a dimostrazione della natura satanica della libera muratoria che viene pienamente rivelata man mano che ci si avvicina al vertice dell’organizzazione, il 33° grado.

    Gli scismi sono soltanto quindi la conseguenza di lotte intestine, e oggi la massoneria italiana ne sta attraversando uno violentissimo che vede contrapposto il GOI alla massoneria di piazza del Gesù.

    La violenta faida è iniziata dopo che Leo Taroni vinse le elezioni per diventare Gran maestro del Grande Oriente d’Italia fino a quando la sua elezione è stata ribaltata da una commissione elettorale di palazzo Giustiniani che ha dato vita ad una battaglia legale ancora in corso tra le due parti.

    Dal 2024 ad oggi, lo scontro si è fatto durissimo.

    L’ex gran maestro del GOI, Stefano Bisi, ha stabilito che il Grande Oriente non deve avere più alcun rapporto con il Rito Scozzese, e questo certamente toglie molto potere a palazzo Giustiniani perché l’ascesa ai piani superiori della massoneria è possibile soltanto attraverso la partecipazione al Rito Scozzese Antico e Accettato, ancora oggi riconosciuto dal consiglio supremo di Charleston, proprio dove Pike fondò questo rito.

    A seguire a sua volta il rito scozzese è anche la massoneria degli ALAM, e questa guerra tra logge sta ridisegnando completamente il panorama della libera muratoria italiana.

    A breve distanza di tempo dalla decisione di Bisi di chiudere ogni rapporto con il Rito Scozzese, Leo Taroni si è presentato a Palmi, proprio nella procura dello storico magistrato Cordova, per presentare un esposto riguardo alla riunione di logge massoniche segrete maltesi presso la sede del Grande Oriente d’Italia.

    Leo Taroni

    Nel suo esposto, Taroni contesta al GOI la violazione della legge Anselmi che vieta la costituzione di associazioni segrete, e non è difficile immaginare che il bersaglio di questa denuncia sia l’odiato Grande Oriente di Bisi che rovesciò il risultato delle elezioni del 2024.

    I transfughi del Rito Scozzese non se ne sono stati, come si può vedere, con le mani in mano.

    Si sono mossi sul piano giudiziario per colpire palazzo Giustiniani, e si sono avvicinati ad un’altra loggia, quella della GLRI, la Grande Loggia Regolare d’Italia, attualmente presieduta dal Gran maestro Venzi, e fondata negli anni’90 da un ex membro del GOI come Giuliano Di Bernardo.

    Il rito scozzese dunque ha preso le valige e si è trasferito altrove nel tentativo di costruire un’altra forza che presumibilmente nelle intenzioni dei transfughi di palazzo Giustiniani sostituisca l’influenza del Grande Oriente, oggi comunque in crisi e diviso da questo violento scisma.

    Si arriva così all’inchiesta giudiziaria di Prato che colpisce un’altra obbedienza, quella appunto degli ALAM, che adotta anch’essa il rito scozzese e che aveva già gravi problemi al suo interno per via di contenziosi sulla gestione del patrimonio, risoltisi, soltanto apparentemente, nel 2023 in tribunale e che hanno dato ragione ai fuoriusciti guidati da Sergio Ciannella che aveva presentato ricorso contro l’attuale Gran maestro di questa obbedienza, Luciano Romoli.

    Si può vedere cosi come negli ultimi 4 anni, le varie obbedienze italiane si stiano tutte disgregando e cerchino di colpirsi le une contro le altre sia per mezzo delle carte bollate, sia anche attraverso delle strane morti di vari noti personaggi spesso dissimulate da “suicidi”.

    Forse è ancora presto per sapere se il caso Cocci è un altro capitolo di questa guerra, ma è impossibile non rilevare il fatto che per la prima volta la magistratura abbia violato il sancta sanctorum di una obbedienza massonica, e lo abbia fatto, casualmente, in un contesto di guerra tra massonerie.

    Si tratta di una situazione che non sembra avere precedenti, ed è molto differente da quella del 1908, quando avvenne il primo grande scisma nella massoneria italiana.

    Oggi sono venuti meno gli equilibri di allora.

    Sta tramontando l’anglosfera che aveva consegnato alla massoneria italiana le chiavi del potere nel Paese.

    Una volta venuto meno questo pilastro, è scoppiata la faida del tutti contro tutti nelle logge, alla ricerca forse della salvezza in un contesto storico del tutto mutato dove le certezze del passato non esistono più.

    Il futuro della massoneria è un grosso punto interrogativo, e non c’è alcuna certezza che domani questa organizzazione segreta esoterica continui ad esistere.

    Nessun organo di stampa si sta soffermando ovviamente su questa spinosa situazione, e non vengono fatte nemmeno alcune fondamentali osservazioni.

    Il regno della massoneria sulla politica e le istituzioni è possibile perché la natura della repubblica del’48 è massonica.

    Massoni sono molti dei padri costituenti, e massoni sono oggi molti magistrati, politici e dirigenti di importanti aziende pubbliche e private.

    Se non si torna al punto della legge del 1925 che decise di mettere fuori legge la massoneria, in quanto tutta, e non solo una parte di essa, è deviata e di natura eversiva, l’infezione che la libera muratoria ha provocato all’Italia difficilmente verrà sanata.

    Fonte: https://www.lacrunadellago.net/la-perquisizione-nelle-logge-alam-a-prato-e-firenze-escalation-nella-guerra-massonica/


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