QUINDI I DATI CHE HANNO DATO FIN ORA SONO FALSI? MA VAAA? NOOOO MA ALLORA CHI SONO I NEGAZIONISTI? CHI LO DICEVA O CHI LO NASCONDEVA?
Speriamo che chi ha creduto a questi criminali, ora cominci ad aprire un pochino gli occhi!
Di The Italian Tribune
“Le comunicazioni di positività non associate a sintomi determinano una sovrastima del fenomeno sul paese, rendendo i dati non omogenei con gli altri diffusi dall’OMS”
All’interno di uno dei suoi verbali il Comitato Tecnico Scientifico stabiliva che i tamponi andavano fatti solo ai “sintomatici”, appunto che “in assenza di sintomi il test non è giustificato, in quanto non fornisce un informazione indicativa ai fini clinici”.
Il Cts specificava, lo ripetiamo, che l’informazione fornita dai test non era “indicativa ai fini clinici ai sensi delle definizioni di <caso>”, questo anche perché si sarebbe determinata “una sovrastima del fenomeno sul paese”.
In questi mesi abbiamo più volte scritto, con relative fonti e ricerche, che i tamponi riscontravano numerosi falsi positivi e falsi negativi. Ovviamente non eravamo noi a dirlo, ma proprio gli scienziati e gli enti nazionali e sovranazionali come l’OMS ed altri.
Eppure per fare chiarezza immediata al riguardo basterebbe leggere cosa affermava il Capo del Sis 118, Mario Balzanelli, il quale illustrava all’Adkronos (già a maggio 2020), di aver visto all’epoca “sempre meno pazienti positivi”, ma che invece aveva riscontrato dei “casi simil-Covid” (Covid-like) che erano aumentati, oltreché osservandoli “tutti uguali”. Arrivò a dire che si trattava si pazienti che “dal punto di vista clinico” erano identici ai casi Covid, ma anche che il virus andava cercato dunque “più in profondità, trovandolo talvolta nel liquido del lavaggio broncoalveolare”.
Oppure ascoltare cosa ha affermato il prof. Giorgio Palù, virologo e attuale Presidente dell’AIFA, in presenza del governatore del Veneto Luca Zaia, e cioé che “neanche la PCR era affidabile, nessuno l’ha mai validata, è nato un test senza un Gold Standard“.
Ma già uno studio cinese sugli asintomatici, presentato addirittura a marzo, descrive il potenziale tasso di falsi positivi tra gli “individui infetti asintomatici” venuti in stretto contatto con pazienti COVID-19.
Anche in uno dei nostri ultimi post abbiamo esposto, sempre grazie ad uno studio, quanto fuorviante possa essere, ad esempio, avere un tampone negativo e non essere certi di “essere fuori” da una eventuale infezione. Sì, perché nello studio dove abbiamo parlato pochi giorni fa dei Covid-like é stata specificata proprio la necessità di fare indagini più approfondite, quando si ha a che fare con persone e/o pazienti che inizialmente vengono dichiarati positivi o negativi al Sars-Cov-2 tramite la RT-PCR (quello che chiamiamo comunemente “test del tampone”). Dunque i ricercatori hanno scritto che é “obbligatoria un’indagine migliore, in cui le procedure di RT-PCR e TC sono completate da dati provenienti da analisi di laboratorio più dettagliate, analisi ABG, BALF e una valutazione clinica più approfondita”.
Ma non basta perché quello che abbiamo trovato sul documento delle istruzioni per l’uso dello GeneXpert, sistema dell’azienda produttrice di tamponi Cepheid, lascia di stucco. Infatti il libretto informativo ci riferisce fin da subito qualcosa di importante sui risultati dei test, e ci racconta che “i risultati positivi non escludono la presenza di infezioni batteriche o di infezioni concomitanti da altri virus”. Inoltre che “l’agente rilevato potrebbe non essere la causa concreta della malattia”. Il libretto ci riferisce anche che “i risultati negativi non escludono un’eventuale infezione da SARS-CoV-2″, oltreché “non devono essere usati come unica base per il trattamento o per altre decisioni riguardanti la gestione dei pazienti”.
Cosa scriveva il Cts sui tamponi
All’interno verbale n.8, che troviamo tranquillamente sul sito della Protezione Civile, il Comitato Tecnico Scientifico stabiliva che i tamponi andavano fatti solo ai sintomatici, ed infatti scriveva quanto segue: “in assenza di sintomi il test non è giustificato, in quanto non fornisce un informazione indicativa ai fini clinici ai sensi delle definizioni di ‘caso’.
Inoltre – continua il Cts – si ricorda che la procedura prevista per la definitiva conferma del caso é affidata all’Istituto Superiore di Sanità. Le comunicazioni di positività non associate a sintomi determinano una sovrastima del fenomeno sul paese, rendendo i dati non omogenei con gli altri diffusi dall’OMS”.
Ricordiamo che – come scrive Skytg24, il Cts é stato costituito con un’ordinanza del Capo dipartimento della protezione civile del 3 febbraio. Ma poi istituito per decreto del commissario per l’emergenza Angelo Borrelli, poi con un’Ordinanza di aprile 2020 i componenti del Comitato sono stati integrati da esperti in base alle specifiche esigenze. Il Comitato tecnico scientifico ha come principale scopo quello di fornire consulenza al capo del dipartimento della protezione civile in merito all’adozione delle misure di prevenzione necessarie a fronteggiare la diffusione del nuovo coronavirus. Agostino Miozzo, Coordinatore dell’Ufficio Promozione e integrazione del Servizio nazionale della protezione civile del Dipartimento della protezione civile, é il coordinatore del Comitato.
Cosa ha chiarito l’OMS su tamponi e Rt/Pcr
Inutile ricordare che, come abbiamo ripetuto in numerosi post, già l’OMS scriveva, all’interno del breafing scientifico del 9 luglio 2020, quanto segue: “Il rilevamento dell’RNA mediante saggi basati sulla reazione a catena della polimerasi a trascrizione inversa (RT-PCR) NON È NECESSARIAMENTE INDICATIVO di virus competente per la replicazione e l’infezione che potrebbe essere trasmissibile e in grado di causare l’infezione”. E ancora: “Il rilevamento dell’RNA virale non significa necessariamente che una persona sia infettiva e in grado di trasmettere il virus a un’altra persona. Studi sull’utilizzo di colture virali di campioni di pazienti per valutare la presenza di SARS-CoV-2 infettiva sono attualmente limitati”.
Ma l’Organizzazione mondiale della sanità si pronunciava anche successivamente correndo ai ripari proprio sui tamponi e sulla PCR. L’ente internazionale affermava che gli utenti che utilizzano i reagenti RT-PCR avrebbero dovuto “leggere attentamente le istruzioni per l’uso“. Scriveva infatti di aver ricevuto numerose segnalazioni da parte degli operatori “su un rischio elevato di falsi risultati SARS-CoV-2 durante l’analisi di campioni utilizzando reagenti RT-PCR”.
Successivamente ancora, sempre l’OMS, avvisava in una sua nota del 20 gennaio che i test PCR andavano rivisti in chiave di lettura dei positivi al Covid. Veniva scritto infatti che un solo tampone non bastava e doveva essere eseguito nuovamente “se i risultati del test (PCR) non corrispondono alla presentazione clinica”.
Ma l’OMS nello stesso documento chiariva e ricordava anche quanto segue: “La prevalenza della malattia altera il valore predittivo dei risultati dei test; al diminuire della prevalenza della malattia, aumenta il rischio di falsi positivi. Ciò significa che la probabilità che una persona che ha un risultato positivo (SARS-CoV-2 rilevata) sia veramente infettata da SARS-CoV-2 diminuisce al diminuire della prevalenza, indipendentemente dalla specificità dichiarata”.
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