di Lara Sirignano
Uomini, donne e bambini considerati alla stregua delle partite di sigarette di contrabbando. Esseri umani chiamati dai trafficanti «agnelli». Carichi di cui disfarsi in caso di imprevisti. «Se ci sono problemi buttateli in mare». Le conversazioni intercettate dalla polizia di Caltanissetta, che ha scoperto una rete che operava tra la Tunisia e la Sicilia organizzando i viaggi in mare di centinaia di disperati che pagavano migliaia di euro per raggiungere le coste italiane, raccontano di criminali senza scrupoli pronti a tutto pur di guadagnare.
«Lo sai con chi stai parlando? Io sono Akrem figlio di Beya il più grande trafficante tra Tunisi e l’Italia» si vantava, parlando con uno degli indagati, Akrem Toumi, vecchia conoscenza dei magistrati palermitani che in una passata inchiesta l’hanno messo in carcere e fatto condannare a 6 anni e 8 mesi. Era lui, dalla casa in cui si trovava agli arresti domiciliari, a controllare la banda che, oltre ai profughi, trasportava sigarette di contrabbando. I trafficanti – in 18, africani e siciliani, sono stati arrestati su richiesta della Dda di Caltanissetta — curavano le traversate nei dettagli. Le imbarcazioni partivano dal porto di Gela o dalle coste dell’Agrigentino per raggiungere la Tunisia e far immediato rientro con il “carico” di uomini.«Mi faccio un po’ di colpi buoni, faccio 300mila euro così recupero i miei soldi e vado in Francia», diceva a un amico Akrem, che operava in società con la fidanzata, Sarra Khaterchi, anche lei finita in manette.
Per i viaggi la banda usava piccole imbarcazioni con potenti motori fuoribordo, condotte da esperti scafisti che operavano nel braccio di mare tra le città tunisine di Al Haouaria, Dar Allouche e Korba e le province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento. Una rotta breve coperta in meno di 4 ore. Sui gommoni venivano stipate dalle 10 alle 30 persone per volta. Il prezzo sborsato per la traversata andava tra i 3mila e i 5mila euro e nelle tasche dell’organizzazione finivano tra i 30mila e i 70mila euro a traversata. «Come fai 70mila euro?» chiedeva un amico al capo dei trafficanti. «Ogni persona 3mila euro e ne porto almeno 20». «Con la volontà di dio andrà tutto bene, quando non c’erano barche che partivano dalla Tunisia per l’Italia io scendevo dalla Sicilia per trasportare i clandestini. Sono il primo che ho fatto in questo modo hai capito ? Io dall’Italia arrivo a Tunisi in un’ora e mezza hai capito?», si vantava Akrem non sapendo di essere intercettato.
«Guarda dentro, guarda: ci stanno 20 agnelli comodi», assicurava il tunisino che, grazie alla complicità di alcuni funzionari dell’ autorità portuale del suon paese, non identificati, riusciva a organizzare i traffici quasi indisturbato. In una delle conversazioni intercettate uno degli indagati cerca di convincere Akrem a far partire un gruppo di migranti. «Guarda che ci sono pure quelli che per partire hanno venduto le loro terre, Akrem ti prego di farlo per dio, ci sono persone che aspettano lo zucchero (il viaggio ndr)». «Un ragazzo mi ha dato 2000 euro e ora sta seduto sta aspettando — spiega ridendo — gli ho detto che deve stare calmo. C’è chi piange, chi urla, chi litiga, chi ha sua madre che ha venduto la casa». «Anche se vendono il culo, devono aspettare di completare le altre persone», rispondeva secco il capo che aveva dato ordini precisi: le barche potevano salpare dalla Tunisia solo a pieno carico.
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