I medici si interrogano: «Non tutti indispensabili, la revisione delle terapie e la deprescrizione diventano parti integranti della buona pratica clinica»
Il 30% degli over 65 italiani assume ogni giorno più di 10 farmaci. Un dato che solleva una questione sempre più urgente per il sistema sanitario: tutte queste terapie sono davvero necessarie? Nasce da qui il progetto sperimentale avviato dall’azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, che ha posto al centro la revisione critica delle terapie farmacologiche negli anziani fragili, con l’obiettivo di ridurre i farmaci inappropriati attraverso la pratica del medication review e deprescribing. I risultati sono stati illustrati durante il convegno monotematico della Società italiana di farmacologia (Sif), promosso dal gruppo di lavoro 3F & Rwe (Farmacovigilanza, farmacoepidemiologia, farmacoeconomia e Real world evidence). Tema: «Come ottimizzare le (poli)terapie farmacologiche: dalla personalizzazione delle cure tramite farmacogenetica e farmacocinetica alle attività di farmacovigilanza e medication review/deprescribing». L’evento si è tenuto nei giorni scorsi presso il Policlinico di Borgo Roma a Verona, con il patrocinio delle principali società scientifiche italiane – Accademia di geriatria, Fadoi, Sifact, Sigot, Simg, Simi, Sisi – e il supporto della Regione Veneto. Nel progetto veronese sono stati coinvolti 70 pazienti ultra 80enni complessi ricoverati nei reparti di Geriatria e Medicina interna, ciascuno dei quali assumeva in media 10 farmaci al giorno. Attraverso un’attenta medication review condotta da un team multidisciplinare, sono stati rivalutati complessivamente 836 farmaci: 273 sono stati sospesi perché considerati inappropriati o non più necessari. In media, ogni paziente ha potuto eliminare 4 farmaci e ricevere un aggiustamento di dosaggio per altri.
Multata per aver prescritto «troppi» farmaci, dottoressa ricorre al Tar
Beh, la situazione non può essere più chiara di così.
Come credete che gli anziani prendano tropoi farmaci, comorandolo dallo spacciatore magrebino dietro al mercato centrale?
Li prescrivono i merdici, ovviamente, così come prescrivono antibiotici a tutti, sempre e comunque. Per profitto.
La professionista, medico di medicina generale, è stata sanzionata per 400 euro. L’Usl 2 dovrà fornire i dati sui criteri di calcolo dell’appropriatezza prescrittiva
Il Tar dell’Umbria ha dato ragione a una dottoressa sanzionata per spesa farmaceutica eccessiva: l’Usl 2 dovrà consegnarle i dati sui criteri di calcolo dell’appropriatezza prescrittiva. La sentenza rimette al centro uno dei problemi più importanti della sanità regionale, e non solo: quello della spesa per i farmaci. Con il ricorso la dottoressa – dopo essere stata sanzionata per un presunto sforamento del tetto di spesa – ha chiesto alla magistratura amministrativa di conoscere i criteri utilizzati per valutare l’appropriatezza delle sue prescrizioni. I giudici hanno ordinato all’Usl Umbria 2 di fornire i documenti richiesti, stabilendo che il diritto all’accesso è pienamente legittimo quando si tratta di dati alla base di eventuali provvedimenti sanzionatori.
Le contestazioni La dottoressa era stata accusata di essersi «scostata in maniera significativa e anomala sia rispetto agli obiettivi di spesa di cui all’accordo in corso, che rispetto alla media di spesa della grande maggioranza dei medici di medicina generale operanti nell’Usl Umbria 2». In particolare alla professionista era stato contestato un eccesso di prescrizioni relative a colliri, farmaci cardiovascolari e neurologici, imponendole una sanzione pari a 401,84 euro.
Le richieste La dottoressa ha chiesto di accedere ai documenti su cui si basava il giudizio di inappropriatezza, in particolare: il tetto di spesa farmaceutica assegnato ai medici, il metodo di calcolo dei cosiddetti «assistiti pesati» (ossia pazienti con caratteristiche rilevanti, come l’età), e i dati di spesa pro-capite degli altri medici. L’Usl ha parzialmente negato la richiesta, sostenendo da un lato che alcuni documenti non fossero pertinenti, dall’altro di non comprendere a cosa si riferisse la richiesta sul cosiddetto «indice di calcolo».
La sentenza Il Tar ha respinto queste motivazioni, riconoscendo però alla dottoressa «un’indubbia legittimazione e interesse all’accesso». I magistrati hanno sottolineato che si tratta di un’attività soggetta a controlli e sanzioni, e quindi è necessario che i professionisti possano conoscere i parametri su cui tali controlli si basano. Secondo la sentenza, «l’appropriatezza prescrittiva non può essere valutata solo in termini qualitativi, ma anche quantitativi», e questo implica l’uso di «precisi dati numerici (il numero rilevante di pazienti rispetto al totale, e il relativo indice di calcolo) ed economici (il tetto massimo di spesa per singolo medico)». Inoltre, è «ragionevole che sia stato fissato anche per i medici di medicina generale» un tetto analogo a quello utilizzato per gli specialisti ospedalieri, dove già esistono riferimenti a soglie basate sulla spesa media per paziente.
Trenta giorni L’Azienda sanitaria dovrà ora fornire alla dottoressa, entro trenta giorni, la documentazione richiesta, compresi il tetto di spesa assegnato a ciascun medico, l’indice di calcolo dei pazienti “pesati” e i dati aggregati di spesa per medico, in forma anonima.
