Sono passati ormai poco più di cinque anni da quei momenti che precipitarono l’Italia in uno stato di paura collettiva indotta dai mezzi di (dis) informazione che avevano tutto l’interesse a destabilizzare il Paese.
Non una “pandemia”, come ancora alcuni impropriamente la definiscono, ma una vera e propria operazione terroristica, come la definì invece il colonnello Kvachkov, che sin dai primi istanti aveva fornito una versione molto lucida sugli eventi.
Ci sono ancora molte domande alle quali non è stata data una risposta perché purtroppo le autorità competenti, su tutte la controversa magistratura, non sta cercando alcuna risposta che non sia quella falsa fornita cinque anni addietro dal governo di Giuseppe Conte e Roberto Speranza.
Tale falsa narrazione vuole che molte persone all’epoca negli ospedali morirono per via del cosiddetto Sars-Cov2, ad oggi ancora non isolato, come confermato dagli stessi autori dei test PCR per individuare la presunta positività al virus, ovvero i virologi Drosten e Corman.
Non è mai stato così, e se si guarda con più attenzione persino i bollettini dell’ISS che uscivano in quell’epoca, ci si renderà conto che le stesse autorità pubbliche sanitarie erano costrette ad ammettere che il COVID non era quel pericoloso mostro che mieteva vittime in continuazione come cercavano di far credere i mass media, e come ancora oggi in parte cercano di far credere.
Se si legge, ad esempio, il bollettino dell’ISS del marzo del 2020, si vedrà che al cosiddetto COVID vengono attribuite pochissime morti, ed è quindi di tutta evidenza che se le persone morivano negli ospedali, ma la causa non poteva essere uno dei tanti virus influenzali chiamato in quell’occasione COVID.
La verità non si deve quindi cercare nella cosiddetta “malattia” ma nelle “cure” che il governo di Giuseppe Conte e Roberto Speranza decise di somministrare ai pazienti che risultavano positivi in quel periodo al cosiddetto Sars-Cov-2.
I farmaci utilizzati per trattare l’influenza COVID
Si scoprirà così che già nel febbraio del 2020, quando praticamente ancora ufficialmente non si sapeva nulla del cosiddetto Covid, il governo Conte sembrava già molto ben indirizzato sulle terapie da somministrare ai pazienti che avevano quell’influenza.
A farlo, tra gli altri, è stato un attento giornalista tedesco, Howard Steen, che recentemente ha scritto un interessante articolo sul tema.
In tale articolo emerge un fatto interessante, taciuto all’opinione pubblica italiana e ovviamente ben nascosto dai mezzi di comunicazione che ancora oggi, come si diceva in precedenza, ripetono le bugie di cinque anni addietro.
E’ stato difatti presentato un atto amministrativo presso le autorità tedesche per entrare in possesso di informazioni più precise su una fornitura di farmaci partita dalla Germania all’Italia nei primi mesi del 2020.
A presentare questa richiesta di accesso agli stati è stato lo statistico Tom Laursen che voleva sapere di più riguardo alla consegna del farmaco Remdesivir da parte dell’istituto Robert Koch, l’RKI, la massima autorità pubblica sanitaria tedesca, alle autorità governative italiane che già in quel periodo facevano richiesta di questo particolare farmaco per trattare i pazienti Covid.
Negli atti si apprende quanto segue.
“Lo scambio tra il Robert Koch Institute (RKI) e le autorità italiane si è svolto principalmente nell’ambito del Sistema europeo di allerta precoce e risposta dell’Unione europea (EWRS) e ha incluso, tra l’altro, rapporti sul numero di casi e sulle misure adottate in Italia. All’inizio di febbraio 2020, l’RKI ha ricevuto una richiesta bilaterale per la fornitura di Remdesivir per il trattamento dei pazienti in Italia tramite il Gruppo di lavoro permanente dei centri di competenza e trattamento (STAKOB). Inoltre, la situazione attuale in Italia è stata presentata in organismi internazionali come il Comitato per la sicurezza sanitaria (HSC).”
Il governo Conte voleva quindi proprio questo farmaco per i pazienti Covid, nonostante il Remdesivir fosse un farmaco utilizzato per trattare il virus dell’Ebola contro il quale non aveva dato risultati molto efficaci.
Se si leggono le varie pubblicazioni scientifiche sugli effetti avversi di questo farmaco antivirale, il quadro che ne esce è pressoché devastante.
Nello studio pubblicato il 5 agosto del 2021 dai due ricercatori indiani Anika Singh e Ashwin Kamath del dipartimento di farmacologia del Kasturba Medical College di Bangalore, viene riportato che tale farmaco procurava gravissimi effetti collaterali ai reni, tanto che l’insufficienza renale e la morte erano alquanto frequenti nei pazienti che ricevevano il Remdesivir già prima dell’inizio della cosiddetta “pandemia”.
Alle stesse conclusioni era giunto il gruppo di ricercatori brasiliani guidati dalla dottoressa Nayara Aparecida de Oliveira Silva, distaccata all’università federale di San Paolo in Brasile.
Nello studio della dottoressa Oliveira Silva viene affermato esplicitamente il Remdesivir era responsabile di gravi problemi renali alle persone positive al COVID, e gli effetti collaterali superavano di gran lunga ogni potenziale, e si potrebbe dire inesistente, beneficio.
I gravi problemi che procurava tale farmaco erano però noti già prima che esso venisse somministrato ai pazienti con il coronavirus influenzale, quando nel 2018 il Remdesivir era stato dato ad un gruppo di pazienti affetti dall’ebola nel corso di una sperimentazione finanziata dal National Institutes of Health degli Stati Uniti.
I risultati sono stati pressoché disastrosi come si può vedere nello studio firmato dal dottor Sabue Mulangu e da un nutrito gruppo di medici e ricercatori internazionali.
Dopo soli 28 giorni, dei 154 pazienti che hanno ricevuto questo farmaco antivirale, 79, il 51,3%, sono morti.
I numeri non lasciano spazi a dubbi. Il Remdesivir non cura proprio nulla.
Il Remdesivir uccide e gli effetti hanno iniziato a vedersi in diversi Paesi del mondo, tra i quali gli Stati Uniti, dove il giornalista americano John Beaudoin, dopo aver visto l’abnorme aumento della mortalità durante la “pandemia” ha iniziato a porsi alcune domande su ciò che stava accadendo e sulle ragioni di quell’inspiegabile bollettino di guerra che veniva dagli ospedali americani.
Beaudoin ha così presentato anche lui una richiesta di accesso agli atti di morte degli ospedali del Massachusetts dal 2015 al 2022, e ha scoperto che una delle principali cause delle morti in eccesso registrate dal 1 gennaio del 2021 al 30 novembre del 2022 erano proprio quelle insufficienze renali che il Remdesivir provoca.
Negli ospedali americani già all’inizio della “pandemia”, nel maggio del 2020, la FDA, l’agenzia del farmaco americana aveva autorizzato l’uso di questo farmaco per i pazienti COVID, nonostante come si è visto il farmaco in questione era già noto per causare gravi danni ai reni e agli altri organi, e nonostante non ci fosse nessuna seria ragione per suggerire che persone affette dalla semplice influenza stagionale ricevessero il Remdesivir.
Nella storia della farsa pandemica il luogo dei fatti sembra essere chiaramente irrilevante. Non ha importanza ovvero in quale parte del mondo ci fosse l’influenza stagionale.
I vari istituti sanitari europei e americani agivano tutti chiaramente in base a delle linee guida prestabilite che avevano poco di sanitario, e molto, se si vuole, di politico considerato che in tutti i Paesi dell’Europa Occidentale e negli Stati Uniti, i mass media erano tutti impegnati nel far credere alle varie opinioni pubbliche che negli ospedali si moriva come mosche per il Sars-Cov2, mentre se si moriva, si moriva invece per i farmaci che i vari governi avevano imposto per trattare il cosiddetto Covid.
Il presidente del Consiglio, Conte, e il ministro della Salute, Roberto Speranza, non si sono discostati in nulla da tali linee guida, che, tra l’altro, nei verbali stessi dell’ineffabile CTS, il comitato tecnico-scientifico, risultavano essere trasmesse dall’alleanza atlantica e dai suoi uomini, come il generale Bonfiglio nel caso dell’Italia.
Il governo Conte ordina carichi straordinari di Remdesivir
Conte si adopera quindi per far venire dalla Germania questi carichi di Remdesivir già nel febbraio del 2020, nonostante, va ricordato, l’agenzia del farmaco europea, la EMA, non aveva rilasciato nessuna autorizzazione in quel periodo per la distribuzione di questo antivirale.
Il presidente del Consiglio però aveva molta fretta che questo farmaco fosse subito dato ai pazienti Covid, e ignorando già i vari studi sulla pericolosità del farmaco in questione ne autorizza l’uso negli ospedali italiani.
Nei vari mezzi di comunicazione dell’epoca si iniziano a vedere articoli come quello di Milano Today del 12 marzo 2020, nel quale si dà notizia che l’antivirale per l’ebola era già in uso in Italia per i pazienti Covid.

L’articolo di Milano Today del marzo del 2020
Sarebbe interessante sapere quali erano questi presunti “studi” che avrebbero dimostrato “promettenti” risultati, quando in realtà già in quel periodo il Remdesivir non solo non stava portando nessun risultato soddisfacente, ma stava facendo quanto già visto nel 2018, quando fu somministrato ai pazienti che avevano l’ebola.
Stava, in altre parole, mietendo vittime e appare assurdo pensare che le varie autorità sanitarie abbiano autorizzato l’uso di un simile farmaco senza nemmeno vedere i risultati disastrosi che esso aveva causato già in passato, oppure se erano a conoscenza degli effetti del Remdesivir si entra allora nel campo della strage volontaria, causata per precipitare appunto la popolazione in quello stato di paura generalizzata che si diceva prima, e paralizzare di conseguenza ogni reazione delle persone ormai veramente convinte che le persone morivano come mosche per il coronavirus influenzale.
La Gilead Sciences: la casa farmaceutica di BlackRock e Vanguard
Ad avere un ruolo di rilievo nella distribuzione di questo farmaco è stata, come riportato nell’articolo di Milano Today, la Gilead Sciences, una casa farmaceutica nelle mani della solita accoppiata dei fondi di investimento BlackRock e Vanguard, che sono gli stessi fondi proprietari delle case farmaceutiche quali Pfizer e Moderna che hanno distribuito i vaccini Covid nel 2021 e nel 2022.

Il quartier generale della Gilead
I profitti di tutta la farsa pandemica come si vede sono finiti sempre nelle casse di tali fondi che si servono di un anonimato formale per nascondere le partecipazioni delle varie famiglie della finanza internazionale quali i soliti Rothschild, Rockefeller, Warburg, Schiff e Morgan.
Ed è proprio tra questi nomi che si può trovare una pubblicazione dal titolo “Operazione Lockstep” distribuita 10 anni prima della operazione terroristica del coronavirus da parte della fondazione Rockefeller che “immaginava” uno scenario pandemico già in quell’epoca che avrebbe portato i governi internazionali a mettere in atto le stesse identiche restrizioni viste nel 2020 fino ad arrivare ad una progressiva esautorazione degli Stati nazionali a favore di una governance globale, il fine ultimo del grande capitale.
In Italia, come in altre parti del mondo, andava quindi in scena un copione già scritto ed è in tale “sceneggiatura” che si trova la verità sulla strage di Bergamo del marzo del 2020.
In quel periodo, le autorità governative italiane ordinano dalla Germania massicci quantità di farmaci come il citato Remdesivir che viene distribuito in Italia attraverso la partecipazione della Flamma SPA, una società farmaceutica di proprietà della famiglia Negrisoli che ha sede proprio nei pressi di Bergamo, laddove è avvenuto quel picco di morti anomalo, non riscontrato in nessuna altra parte d’Italia.
La Flamma avuto un ruolo altrettanto fondamentale.
E’ stata la società farmaceutica che aveva stipulato un accordo proprio in quel periodo per consentire al farmaco sperimentale utilizzato contro l’Ebola, noto anche con il nome commerciale di Veklury, di arrivare in Italia e di essere distribuito negli ospedali italiani.
Il governo Conte aveva evidentemente tutto l’interesse che il Remdesivir arrivasse in Italia in quel periodo, così come aveva premura che sempre in quel periodo arrivasse a Bergamo un altro farmaco, il Midazolam, ordinato d’urgenza ancora una volta dalla Germania per essere consegnato in Italia sempre nel periodo del marzo del 2020.
Si è parlato della storia taciuta del Midazolam in un altro contributo.
A rivelare come il farmaco giunse in quantitativi straordinari all’epoca è stato proprio un dirigente italiano, Gabriele Ceratti, della casa farmaceutica tedesca che lo produce, la B. Braun.
Talmente era elevata la “urgenza” del governo Conte che il ministro Speranza ne autorizzò la distribuzione nonostante l’etichetta del farmaco non fosse nemmeno in italiano, ma in tedesco, in spregio alle normative vigenti.
L’utilizzo del Midazolam è forse persino più ingiustificato del Remdesivir.
Si tratta infatti di una benzodiazepina che viene spesso utilizzata negli Stati Uniti per praticare l’iniezione letale oppure per eseguire l’eutanasia.
Una infermiera scozzese, Lesley Roberts, ha rivelato nel 2023 che il servizio sanitario inglese aveva ordinato la somministrazione di questo farmaco in quantità chiaramente letali ai vari pazienti Covid, e la Roberts era chiaramente giunta alla conclusione che il governo britannico di Boris Johnson non aveva alcuna intenzione di curare le persone affette da questa influenza, ma piuttosto quelle di ucciderle per poi dare la colpa al cosiddetto coronavirus.
Soltanto il governo Conte poteva autorizzare l’uso di questo farmaco negli ospedali italiani, come si può vedere attraverso un comunicato pubblicato dall’AIFA, l’agenzia italiana del farmaco, nell’aprile del 2020 nel quale si rendeva noto che l’antivirale in questione poteva essere utilizzato nell’ambito dei “programmi di uso compassionevole per il trattamento della malattia COVID-19.”
L’AIFA e l’uso “compassionevole” del Remdesivir
Cosa significa un “uso compassionevole” per curare una malattia? Quale “compassione” ci sarebbe nel dare ai pazienti un farmaco che già era noto avere effetti devastanti sulle persone che lo ricevevano?
Le intenzioni del governo Conte erano quelle di curare la normale influenza stagionale oppure c’era uno scopo diverso da quello dichiarato, altrimenti non si spiega perché mai esso abbia autorizzato la distribuzione di farmaci che era noto portassero a gravi conseguenze nei pazienti ai quali sono stati somministrati.
La verità può ancora essere trovata ed è nei corpi delle persone che morirono in quel periodo a Bergamo e nelle altre province lombarde, così come può essere trovata nelle cartelle cliniche degli ospedali lombardi che diedero ai pazienti con il coronavirus.
I protocolli COVID non sono venuti dal nulla. Sono stati ordinati dal ministero della Salute e dall’AIFA.
Sono sui siti ufficiali governativi, e se qualche magistrato vuole capire cosa accaduto in quei mesi è da essi che deve partire, ma si è visto che i togati piuttosto che andare in tale direzione hanno seguito il filone della falsa narrazione pandemica come fatto dalla procura di Bergamo che mise sotto inchiesta Conte e Speranza per non aver chiuso anzitempo l’Italia e la Lombardia attraverso le famigerate “zone rosse”.
Nessuno ha allo stesso modo chiesto perché mai il ministero della Salute che ordinava letali farmaci per i pazienti COVID, si premurava di rilasciare una circolare nel mese di aprile che “sconsigliava” le autopsie delle persone morte con il coronavirus, quando sulla carta era la prima cosa da fare per capire di cosa erano morte realmente le persone.
E’ una decisione questa che non può essere letta come dovuta alla volontà di insabbiare la verità, di non far capire agli italiani che quelle persone a Bergamo morivano non per il fantomatico COVID, ma per i farmaci che gli erano stati dati.
A distanza di cinque anni, le istituzioni ancora celebrano il 18 marzo la “Giornata nazionale in memoria delle vittime del coronavirus” quando gli italiani non sono stati “vittime del coronavirus”, ma vittime di quei personaggi nelle istituzioni che li hanno privati delle loro essenziali libertà personali per poi “curarli” negli ospedali a suon di farmaci letali.
Eschilo affermava che in guerra la prima vittima è la verità, ed è proprio questa che gli italiani attendono di sapere da cinque anni.
Assieme a essa, si attende la giustizia.
I morti di Bergamo e gli italiani attendono entrambe.
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