Il dottor Piero Mozzi ci da il suo parere sull’emergenza del nuovo Coronavirus (COVID-19).
Virus e batteri sono i soli ad aver interpretato perfettamente la globalizzazione. Si spostano col vento, con l’aria, con gli animali, con gli insetti, con gli esseri umani, e magari anche con le merci. Fermarli è come pensare di arrestare il vento alzando le braccia. Bisogna che ci sappiamo adattare e adeguare.
Così il dottor Piero Mozzi, interpellato sul Coronavirus (Covid-19), il terzo virus animale dopo la Sars e l’Ebola, il primo della serie a colpire il nostro paese.
Preda del panico prodotto da misure spesso contraddittorie e dall’ infodemia dilagante, la valanga informativa dei media, che, anziché rassicurare, genera cacofonia e confusione, travolgendo la diga di ogni buon senso e misura, sacrificati all’audience e alle ragioni dei consigli per gli acquisti.
Mentre il Coronavirus si sparge nelle regioni italiane, portandoci a pensare che il numero di contagi potrebbe essere sottostimato, è assodato che i decessi sono limitati e circoscritti a persone avanti negli anni e con debilitazioni precedenti.
Il Coronavirus si è caratterizzato per un tasso di mortalità contenuto intorno all’1-2%, con una percentuale di guarigioni che l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima al 95 per cento.
Se paragoniamo le sue vittime alle 8.000 morti per l’influenza e le sue complicazioni che le statistiche dell’Istituto Superiore di Sanità registrano ogni anno in Italia, sembrerebbe nei fatti poca cosa.
Tutto ciò non basta evidentemente a tranquillizzare gli animi e a vincere la psicosi della gente, sgomenta per il ripresentarsi di fenomeni che si vorrebbero confinati a un lontano passato, o circoscritti a zone del pianeta non ancora raggiunte dalla modernità.
Non siamo in presenza del Yersinia pestis – continua il dottor Mozzi – che forse ha scatenato l’epidemia descritta da Tucidide, della quale però non si sa bene se si sia trattato di peste o di vaiolo. Nella storia dell’umanità ci sono state varie ondate epidemiche. Quella di cui scrive Tucidide nella Guerra del Peloponneso è scoppiata durante la guerra tra Atene e Sparta che iniziò nel 431 a.C.
Poi ci fu quella durante il governo di Giustiniano che a Costantinopoli decimò grandemente la popolazione. Seguì la cosiddetta peste nera del 1348 che fece quasi venti milioni di morti nel continente. E quella del 1630 descritta da Manzoni. Nel secolo scorso, l’influenza spagnola che è passata come la più grande pandemia della storia dell’umanità. Insomma ci sono sempre stati focolai epidemici in giro per il pianeta.
Cosa si può fare?
Puoi isolare. Lo può fare la Cina la cui dirigenza è capace di scelte drastiche.
Qui da noi è molto più difficile con un paese che sta attaccato all’altro. Va bene, laviamoci tutti le mani per un’infinità di volte al giorno. Mettiamoci le mascherine, ma poi bisogna anche vedere quanto dura la loro efficacia, tenuto conto che il contagio può avvenire anche attraverso le mucose degli occhi.
O rispettiamo la distanza di almeno un metro e mezzo uno dall’altro. Tanto per dire, per disinfettare le mani, per rendere inattivi virus come questo, sarebbe molto più comodo e semplice quando si è in giro usare l’aceto. Uno si può tenere una bottiglietta, un flaconcino di aceto di vino magari con un contagocce.
Quando ritiene di aver toccato oggetti in quantità tale che le sue mani sono infette, ci versa sopra dieci gocce d’aceto e lo strofina.
Ecco che non ci sono più le condizioni affinché il virus possa vivere e sopravvivere.
Intanto i media informativi ci travolgono ogni giorno con fiumi di dichiarazioni di esperti.
Assistiamo a una sorta di gara di virologi, immunologi a chi fa sentire di più il suo parere. Non è solo Burioni ad occupare la scena come primo attore.
No, sono in molti, anche se il virus pare avere un alto tasso di guarigione.
Certo, esattamente. Anche se credo che non possiamo fidarci ciecamente dei dati che i cinesi ci hanno fornito. Non sappiamo se effettivamente sono 80.000 gli infettati, che mi sembrano pochi.
E se i cadaveri sono circa 2.600. Forse è ipotizzabile che i numeri di contagiati e di deceduti siano più alti.
Non mancano esperti che prevedono un aumento dei contagi. Al di là dei decessi e delle guarigioni che ne conseguiranno, non è che in questo caso corriamo in primo luogo il pericolo di un collasso del sistema sanitario? Sono anni che la sanità pubblica subisce tagli a letti di ospedale e personale, come del resto ha sempre denunciato il sindacato dei medici.
Non ci sono vaccini, non ci sono terapie. Ci sono dei consigli come quello di lavarsi le mani per bene, osservare la distanza di un metro e mezzo dalle persone, starnutire sul gomito e non in faccia al prossimo o sulle mani. La cosa da fare adesso è studiare quello che fino ad ora non è stato fatto.
Bisognerebbe che si scoprisse il gruppo sanguigno delle persone contagiate e decedute.
Questo ci consentirebbe di capire, per infettati e morti, se una persona con un certo gruppo sanguigno è più sensibile o meno al morbo in atto.
Poi si tratterebbe di conoscere il gruppo sanguigno, il tipo di abitudini, gli stili di vita e alimentari di quelli che se la sono cavata bene, i cosiddetti portatori sani, coloro i quali non hanno subito alcun danno e sono stati contagiati senza alcun sintomo.
Mentre sarebbe da capire il tipo di alimentazione, le bevande che assumevano e dove vivevano quelli che hanno sviluppato la polmonite, costruendo una casistica ben accurata.
Io credo che si sia persa una grossa occasione per capire se c’è qualcuno che è più sensibile o meno al virus, studiando soprattutto gli stili di vita, in prima istanza proprio l’alimentazione, di chi ha avuto meno danni.
I decessi riguardano persone in età avanzata e già sofferenti di particolari patologie.
È vero, i morti in Italia erano persone anziane, tranne quello che è deceduto a Como che aveva sessantadue anni, ma era già dializzato, ovvero soffriva di una patologia seria e severa come appunto l’insufficienza renale, che coinvolge anche problemi cardiocircolatori e tutto il sistema immunitario.
Sembra che il virus colpisca le persone anziane, mentre i bambini non verrebbero colpiti forse perché dispongono di difese immunitarie più forti. Magari sono molto più sensibili al comune virus influenzale rispetto al coronavirus.
In Italia cantiamo vittoria perché siamo quasi il popolo più longevo e più vecchio del pianeta.
Quando poi i nodi vengono al pettine, ci si accorge che non è meglio essere i più longevi. Sarebbe molto meglio essere il popolo più giovane. Saremmo più forti sotto tutti i punti di vista.
Art. https://dietagrupposanguigno.it
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