Un imbarazzato silenzio-assenso che si traduce praticamente in un’ammissione di colpevolezza. Sul caso Pfizergate la Commissione Europea non presenta ricorso entro i termini stabiliti.
Forse, per Ursula von der Leyen, il tentativo di ricercare l’oblio per una vicenda scomoda, dopo la sentenza dello scorso maggio della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che aveva stabilito l’assenza di trasparenza nello scambio di sms tra la presidente della Commissione e l’amministratore di Pfizer, Albert Bourla.
I due protagonisti non hanno mai fornito il contenuto di quei messaggi, poi perfino spariti, cancellati. Scaduti, come alcune dosi acquistate, sarebbe il caso di dire. Per questo motivo, la sentenza della Corte aveva stabilito che la trattativa era stata poco trasparente.
Trattativa che aveva portato a un accordo siglato per conto degli Stati membri, senza coinvolgerli, per 1,8 miliardi di dosi che erano parte di un’intesa più ampia da 4,2 miliardi di dosi, per un valore complessivo di 35 miliardi di euro. Almeno 215 milioni di dosi sono rimaste inutilizzate. Uno spreco di denaro pubblico a vantaggio di una multinazionale privata, insomma.
Secondo la Commissione, il contenuto degli sms non era rilevante. Eppure, qualcosa di importante potrebbero essersi detti von der Leyen e Bourla, visto il contratto successivo sottoscritto da UE e Pfizer.
Tutto molto opaco, considerando anche la collaborazione che il marito di von der Leyen, Heiko, aveva avuto con Pfizer per lo sviluppo di tecnologie basate sull’mRNA.
E pensare che un portavoce della Commissione dice che l’esecutivo europeo “resta pienamente impegnato a mantenere l’apertura, la responsabilità e una comunicazione chiara con tutte le parti interessate, comprese le istituzioni dell’Ue, la società civile e i rappresentanti degli interessi”. Ma non è questo il giorno, viene da aggiungere.
Nonostante von der Leyen sia stata descritta come “poco trasparente” dalla Corte, ha ottenuto un secondo mandato da presidente della Commissione. A inizio luglio era anche scampata alla mozione di sfiducia presentata all’Europarlamento proprio sul caso Pfizer. Intanto, nuovamente contestata dagli agricoltori e non solo, von der Leyen continua a trattare per conto degli Stati membri: come nel fallimentare incontro con Donald Trump sulla questione dazi.
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