Da novembre 2023 gli utenti di Meta di ben 30 paesi europei si sono trovati dinanzi a questo messaggio aprendo i propri profili social con due possibilità o pagare l’abbonamento oppure dare il consenso al trattamento dei dati per la profilazione.
Molti hanno “scelto di prestare il consenso” anche perché l’alternativa sarebbe stata quella di pagare per un servizio fino ad allora gratuito (anche se di gratuità proprio non si può parlare, considerando che quei dati hanno un valore economico).
Fino a quel momento Meta aveva utilizzato i nostri dati personali senza esplicito consenso, ma il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB), lo scorso autunno ha dato il proprio parere favorevole al blocco della “pubblicità comportamentale” da parte di Meta su Facebook e Instagram. (https://www.edpb.europa.eu/news/news/2023/edpb-urgent-binding-decision-processing-personal-data-behavioural-advertising-meta_en)
Così il colosso statunitense ha ben pensato di estorcere il consenso chiedendo agli utenti di “fare una scelta”. Ma scegliere cosa?
A ben vedere si tratta di un vero e proprio rapimento con riscatto. I nostri dati sono già nelle mani di Meta e se vogliamo nuovamente il controllo su di essi dobbiamo pagare altrimenti, con il nostro “libero” consenso, ne disporrà come ha sempre fatto. In altre parole dobbiamo comprare la nostra privacy alla modica cifra di 12,99€/13,99€ al mese.
Ma cosa accadrebbe se dopo aver prestato consenso lo ritirassimo? Probabilmente ci apparirà nuovamente la finestra del “fai una scelta”, non essendo possibile usufruire gratuitamente del social senza prestare il consenso alla pubblicità mirata.
La pratica del “consenti o abbonati” è stata adottata da molti quotidiani on line ma, in quel caso, l’utente ben può scegliere di non leggere quel contenuto/notizia essendo lo stesso fruibile su altri siti.
Diverso è il caso dei social dove i dati personali che vengono condivisi rappresentano l’identità virtuale e la vita delle persone, il cui valore economico e giuridico è immenso (e questo l’hanno capito sin da subito i big dei social), ma ci sono voluti ben 9 mesi perché la “genialata” del colosso statunitense fosse tacciata di contrarietà alle norme del Digital Markets Act (DMA). La commissione europea il 1 luglio ha infatti affermato che i risultati preliminari della sua indagine portano a ritenere il comportamento scorretto in quanto costrittivo. L’indagine verrà conclusa Il 25 marzo 2025. (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_24_3582)
Il meccanismo attuato non si discosta molto da quanto accaduto negli ultimi anni. Ironicamente si potrebbe dire che Zuckerberg è solo al passo con i tempi. Il consenso libero è roba passata, fuori moda, desueta.
Sono forse state libere le persone di prestare il consenso al trattamento sperimentale sul proprio corpo? Direi proprio di no! Ed allora cosa aspettarci sul consenso in questo caso? Il DMA non ci salverà perché la ricchezza dei dati nella rete rimane nelle mani di pochi privati i cui interessi economici (e non solo) prevarranno sempre e una sanzione economica non sarà sufficiente ad impedire futuri abusi.
L’aspetto più inquietante però non è la profilazione o la pubblicità mirata sulle quali l’utente potrebbe anche essere d’accordo e prestare il consenso ma la scarsa consapevolezza da parte del pubblico dell’importanza della tutela dei propri dati e l’eccessiva fiducia che si ripone nei riguardi di chi li gestisce. A giudicare dalle reazioni dei vari stati europei e dalle preoccupazioni su qualunque pratica messa in atto da Meta (come il blocco della A.I.) c’è poco da stare tranquilli
Avvocati Liberi
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