A Pavia, improvvisamente vengono aperte inchieste che soltanto 4 o 5 anni fa sarebbero state considerate a tutti gli effetti dei territori proibiti, dei luoghi pericolosi nei quali addentrarsi nel migliore dei casi sarebbe costato la divisa o la toga, e nel peggiore qualche messinscena “suicidaria”.
E’ stata riaperta, come visto in precedenza, l’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi, la giovane impiegata di Garlasco, il cui caso da qualsiasi direzione lo si guardi mostra degli inquietanti legami con dei mondi apparentemente distanti da quelli dell’ex studente di Economia, Alberto Stasi.
Stasi in tale gioco è sembrato essere il perfetto capro espiatorio, l’anello debole di una catena ben più potente di lui e nella quale sin dal primo momento è sembrata esserci la presenza dei servizi segreti, della ubiqua massoneria, di sette sataniche e oscuri frasi in lingua ebraica e di tutto questo apparato che aveva e ha ancora oggi l’interesse a far credere che il giovane Stasi sia il colpevole dell’omicidio di Chiara Poggi.
E’ un copione che si conosce purtroppo ormai a memoria nell’Italia del dopoguerra repubblicano, dove la giustizia troppo spesso ha agito per accusare di delitti e stragi personaggi che tutt’al più avevano dei ruoli marginali, o, peggio ancora, del tutto innocenti pur di lasciare impunito il piano superiore del sistema, quello appunto composto dai servizi segreti, dalla massoneria e dai referenti angloamericani che hanno avuto in mano le redini di questo marcio sistema dal 1945 in poi.
A Garlasco, è accaduto qualcosa di grave, perché dal primo istante gli inquirenti non hanno chiaramente fatto il loro dovere, non esaminando importanti reperti trovati sul luogo del delitto, quali le mutande sporche trovare nella villetta di Chiara, e trascurando i risultati dell’autopsia che indicavano che la Poggi era stata uccisa da più persone, con una ferocia e una determinazione che lascia pensare alla punizione nei confronti di questa ragazza.
Questa giovane è stata punita, non è chiaro esattamente per cosa, anche se tutto lascia pensare che Chiara Poggi non fosse una normale impiegata di provincia, ma una donna che aveva dei legami con certi ambienti dei servizi, e che sapeva che dalle parti di Garlasco c’era un giro di potenti che voleva mantenere il segreto sulle sue attività.

Chiara Poggi
Chiara Poggi stava conducendo delle indagini e delle ricerche sul traffico della pedofilia e sulle sette sataniche, e quando si entra in quel mondo, si entra a contatto con i veri padroni del sistema, quelli che governano la politica, la magistratura, le forze dell’ordine e che decidono quale “indagine” va fatta e quale no.
E’ un sistema che si fonda sulla protezione reciproca, e qualora uno di questi elementi, per una ragione o per un’altra, decidesse di andare contro l’altro, allora il principio sul quale si fonda tale sistema viene meno, ed è quello che, a parere di chi scrive, è proprio accaduto, come si vedrà meglio in seguito.
Si è rotto infatti qualcosa nel pavese che ha portato alla riapertura dell’inchiesta di Garlasco, ma che al tempo stesso ha consentito l’apertura di altre inchieste che sembrano avere diversi punti di contatto con l’indagine sulla morte di Chiara Poggi, come pensano anche alcuni protagonisti della vicenda.
Le inchieste Clean 1 e Clean 2
Sono i cosiddetti filoni di indagini noti come Clean 1 e Clean 2.
Tutto parte da un esposto anonimo del settembre del 2021 trasmesso ad alcuni magistrati e scritto, secondo alcuni, da membri delle forze dell’Ordine, rivela il cosiddetto sistema di Pavia, che poi non è molto differente dal sistema attualmente in essere in quasi tutte le città italiane, dalle più grandi alle più piccole.
Nell’esposto si descrive una corruttela che vede uomini dell’Arma dei Carabinieri impegnati a vendere informazioni di vario tipo a vari imprenditori, e in diversi casi, la protezione che questi membri dell’Arma assicuravano ai loro clienti si spingeva ben oltre, e andava persino nella fabbricazione di falsi esposti che servivano a colpire l’imprenditore avversario che si trovava ad essere perseguitato da multe e controlli di vario tipo.
Di questo sistema fanno parte i carabinieri Maurizio Pappalardo e Antonio Scoppetta, che imbastiscono inchieste, ad esempio, su una società informatica, già tartassata da sanzioni pari a 500mila euro, in cambio di mazzette e regali di vario tipo da parte del cliente di turno.

Il maggiore dei Carabinieri, Maurizio Pappalardo
Al filone dell’inchiesta Clean 2 che vede appunto uomini dell’Arma infedeli al servizio di vari imprenditori ci si è arrivati dall’indagine Clean 1, che riguardava appalti pilotati e turbative d’asta sempre per far fuori imprese che non appartenevano al sistema e premiare invece quelle che avevano a libro paga ufficiali dei Carabinieri e altri impiegati di agenzie pubbliche, come l’ARPA, che aveva passato a Scoppetta alcune informazioni su un procedimento in corso contro un parente del Carabiniere.
I filoni Clean 1 e 2 legati al caso di Garlasco?
Esisterebbe però una linea di collegamento tra queste inchieste di corruzione nei Carabinieri e l’inchiesta di Garlasco, che avrebbe visto impegnati alcuni soggetti sia dentro l’Arma sia dentro la procura di Pavia per passare informazioni ad alcuni indagati sull’inchiesta riguardo l’omicidio di Chiara Poggi.
E’ quello che pensa, tra gli altri, l’ex comandante della stazione dei Carabinieri di Garlasco, Francesco Marchetto, che si è ritrovato ad essere oggetto di un esposto dopo un singolare incontro tenutosi nel dicembre del 2012 a casa della madre di Riccardo Sindoca, ex agente dei servizi segreti, massone e arrestato nel 2005 per associazione a delinquere.
Lì ci sono, oltre allo stesso Sindoca, l’avvocato della famiglia di Chiara Poggi, Gian Luigi Tizzoni, e proprio Francesco Marchetto che non fa in tempo a sollevare dei dubbi sulla colpevolezza di Stasi che si trova di fronte un muro di opposizioni da parte dell’avvocato Tizzoni.
Sembra che Tizzoni volesse a tutti i costi sopprimere qualsiasi strada che potesse portare all’apertura di altre piste, e spinto probabilmente da tale intenzione, a gennaio presenta un esposto proprio contro Marchetto accusandolo di falsa testimonianza.
E’ singolare che il legale della famiglia Poggi, e gli stessi famigliari della ragazza, non vogliano nemmeno pensare alla possibilità che Stasi sia innocente, nonostante l’impianto accusatorio della procura di Pavia contro di lui fosse a dir poco fragile e lacunoso, tanto da farlo assolvere per ben due volte, fino a quando la Cassazione con uno dei suoi non rari coup de théâtre ha ordinato di celebrare nuovamente il processo di Appello, perché evidentemente l’esito del giudizio non era troppo gradito ai togati della Suprema Corte.
Anni dopo, nel 2017, sembra riaprirsi un altro filone di indagine che coinvolge un amico del fratello di Chiara Poggi, Andrea Sempio, che viene avvisato il giorno prima del suo interrogatorio alla procura da un misterioso interlocutore telefonico, ad oggi ancora non identificato, che forse poteva essere parte della corruttela che c’era negli uffici giudiziari e dell’Arma di Pavia.

Andrea Sempio
Sempio viene scagionato molto rapidamente, e oggi si ritrova di nuovo sotto inchiesta, anche se, a parere di chi scrive, in tale storia sono certamente coinvolti personaggi molto più in alto, che hanno probabilmente ucciso e fatto passare per suicidi alcuni testimoni chiave della vicenda, come il pensionato 88enne Giovanni Ferri, trovato in uno spazio stretto con i polsi tagliati, e il medico condotto del paese, Corrado Cavallini, che aveva ricevuto pare una confidenza da Ferri sull’omicidio Poggi, senza dimenticare il misterioso suicidio di Michele Bertani nel 2016, un amico di Sempio che aveva una conoscenza approfondita della cabala ebraica e della stessa lingua ebraica.
A Garlasco, si trova tutto quello che mai si sarebbe pensato di trovare.
Si trovano misteriosi messaggi in ebraico, “suicidi” simulati, sette sataniche, massoni, servizi e la solita magistratura che lavora alacremente per insabbiare l’apparato che si descriveva in precedenza.
Da Pavia è in arrivo una nuova Mani Pulite?
Ad avere in mano le redini della procura di Pavia, titolare dell’inchiesta su Garlasco, era il procuratore capo Mario Venditti, che era solito frequentare le feste dell’ex europarlamentare della Lega, Angelo Ciocca, oggi finito sotto inchiesta dalla procura di Pavia per corruzione.
Ciocca è accusato di aver cercato di corrompere i membri della giunta comunale di Vigevano pur di far cadere il sindaco, Ceffa, membro del suo stesso partito, segno di pesanti spaccature nel Carroccio.
Venditti non era però soltanto vicino a Ciocca.
La moglie del magistrato, Elena Galati, era dipendente del Policlinico San Matteo, e il magistrato pare si sia adoperato per aprire inchieste contro i vertici dell’ospedale una municipalizzata del posto, per la gioia dei concorrenti che così potevano approfittare di tale indagini, in maniera non molto dissimile da quanto avveniva per Clean 1 e Clean 2.
Non è ancora chiara la portata di questi filoni di indagine. Si parla di almeno 100 persone coinvolte con la seria possibilità che si aprano in seguito nuovi filoni in un gioco di effetto domino che arriverebbe a coinvolgere sempre più soggetti, fino forse ad arrivare a nomi ancora più potenti, magari sia i veri mandanti dell’omicidio di Chiara Poggi, sia ai nomi che gestiscono non soltanto il sistema di Pavia, ma il sistema tutto della politica italiana.
Alcuni iniziano già ad accostare il PM, Fabio Napoleone, capo della procura di Pavia, ad un novello Di Pietro, e in tal caso ci sarebbe da preoccuparsi.
Antonio Di Pietro non agì perché animato da un sincero senso di giustizia o del dovere, ma perché probabilmente spinto più da ambienti angloamericani a togliere di mezzo dalla scena politica quei partiti, su tutti la Democrazia Cristiana e il PSI di Bettino Craxi, che rappresentavano un potenziale ostacolo per l’ingresso del’Italia nella moneta unica e per la successiva violenta deindustrializzazione iniziata dal 1992 in poi.
A lavorare con il pool di Milano in quei concitati giorni nei quali era in atto un colpo di Stato c’era proprio lui, Fabio Napoleone, collaboratore di Ilda Boccassini, la famigerata Ilda la rossa.
Il procuratore Napoleone viene dalla corrente progressista della magistratura, Area, nata dalla unione di Magistratura Democratica e Movimento per la Giustizia.
Sono le correnti che più di tutte, in particolar modo Magistratura Democratica, scatenarono una feroce guerra senza quartiere a Giovanni Falcone, “reo” di essere un magistrato troppo distante dalle logiche correntizie delle toghe e troppo invece al servizio dello Stato e delle leggi.
Giovanni Falcone non voleva una magistratura al di sopra dello Stato e “indipendente”, ma un corpo che invece che fosse soggetto al rispetto delle leggi senza avere nessuno scudo privilegiato.
Magistratura Democratica è quella corrente che tramò sin dal principio contro il valoroso magistrato siciliano, fino poi a piangere lacrime di coccodrillo alla sua morte, un esercizio che fecero anche gli esponenti della sinistra post-comunista che davano del “guitto” a Falcone soltanto pochi mesi prima della sua morte.
Se c’è qualcosa di vero nel paragone tra Napoleone e Di Pietro, certamente è ciò che riguarda la provenienza da quella parte delle toghe che è stata più di tutte al servizio di certi ambienti sovranazionali, ma la genesi delle inchieste del procuratore di Pavia non è la stessa della rivoluzione di Mani Pulite ispirata da ambienti angloamericani.
La presente fase storica è simile e diversa al tempo stesso dal 1992.
Simile perché si vedono inchieste che si aprono improvvisamente, quando prima non si muoveva praticamente nulla per decenni, e diversa perché stavolta il sistema politico italiano si trova in uno stato di abbandono e privo delle protezioni americane che sono state in essere per quasi 80 anni.
Si è entrati in una fase di generale disfacimento, nata dalla dismissione dell’impero americano, perno sul quale si fondava la repubblica di Cassibile, e sulla successiva guerra tra bande che si è aperta prima nella massoneria, e subito dopo nella magistratura, che dipende in amplissima parte dalla prima e che ne esegue le varie direttive.
Ed è proprio la libera muratoria, uno degli elementi di questo apparato, forse il più importante, che è attraversata da un violento scisma e da liti in tribunale su chi deve guidare il Grande Oriente d’Italia dopo le elezioni che avevano assegnato la vittoria a Leo Taroni, membro dell’obbedienza del Rito Scozzese Antico e Accettato, e dopo il successivo ribaltone che aveva messo a capo della più grossa obbedienza italiana il protetto dell’ex Gran maestro Stefano Bisi, Antonio Seminario.
La faida è lungi dall’essere risolta.
E’ in pieno corso, e l’ultimo capitolo di questa guerra fratricida narra della presentazione di un esposto di Taroni alla procura di Palmi sulla presenza di logge segrete maltesi in Italia.

A sinistra, Leo Taroni, Stefano Bisi, a destra
Difficile pensare che la scelta di Taroni di presentare il suo esposto a Palmi sia causale, perché proprio nella cittadina calabrese 33 anni prima, il procuratore Agostino Cordova iniziava la sua inchiesta contro le logge segrete, le cosiddette superlogge, prima che la procura di Roma gliela sfilasse dalle mani per sopprimerla.
C’è la guerra dei massoni in corso e ogni settimana che passa questa guerra si fa sempre più intensa, violenta e aspra con una parte che cerca di distruggere l’altra, fino a quando uno dei contendenti, o entrambi, non verranno spazzati via.
La loggia di palazzo Giustiniani, quella del Grande Oriente d’Italia, è in guerra contro quella di piazza del Gesù, il citato Rito Scozzese, anche per il controllo del patrimonio delle rispettive obbedienze.
Ci sono carte bollate, esposti, controesposti e persino strani “suicidi” che suonano molto come il risultato dello scontro in corso dentro la libera muratoria italiana.
Se solo adesso si aprono allo stesso momento in diverse parti d’Italia, da Garlasco a Caltanissetta, per l’agenda rossa di Paolo Borsellino, inchieste e indagini prima seppellite, è perché c’è ormai un apparato politico allo sbando più completo impegnato a colpire il clan avversario nella speranza di sopravvivere a questa tempesta.
Chi pensa quindi che a Garlasco o altrove possa iniziare un’altra Mani Pulite, si sbaglia.
E’ in corso una guerra tra bande di un sistema ormai giunto allo sbando più completo e che si sta divorando da solo.
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