Alla fine l’atto più sconsiderato possibile che Israele potesse fare, lo ha fatto, senza alcuna esitazione.
Lo stato ebraico ha lanciato il suo attacco all’Iran e ha mirato a diversi siti nucleari nella speranza, o forse nella illusione, che le bombe esplose a Isfahan, potessero in qualche modo fermare il programma nucleare iraniano.
Il Parlamento iraniano attraverso il suo portavoce, Abbas Goudarzi, si è già espresso molto chiaramente al riguardo.
Nulla fermerà il programma nucleare iraniano che forse adesso andrà ancora più veloce del previsto, esattamente nella direzione non desiderata da Tel Aviv che ormai non sembra preoccuparsi troppo delle conseguenze delle sue azioni.
Se c’è qualcosa che da diverso tempo è assente nel governo israeliano, questa è certamente la lucidità, la capacità di ragionare e di capire quando determinate azioni possono essere fatte e quando no.
La strana tecnologia israeliana a intermittenza
C’è piuttosto soltanto una sanguinaria febbre imperialista, la stessa che ha fatto iniziare il massacro nei confronti del popolo palestinese, martoriato dalle bombe dallo scorso 7 ottobre del 2023, quando ci sarebbe stato il trionfo di Hamas, l’opposizione controllata israeliana, e la disfatta dell’apparato di sicurezza israeliano.
In queste ore si leggono dei resoconti sui media Occidentali sulla presunta capacità di infiltrazione degli israeliani in Iran, tanto che essa sarebbe persino riuscita a installare una ipotetica base di droni utilizzata poi per lanciare i suoi attacchi, stavolta però verso obiettivi civili, perché la natura dello stato ebraico è terrorista, non fa alcuna distinzione, come visto a Gaza, tra vite civili e vite militari.
Ci si chiede allora vista l’esibizione di presunta efficienza informatica, militare e tecnologica di Israele, dove fossero tutte queste straordinarie doti quando servivano per difendere gli israeliani il 7 ottobre dal presunto assalto di Hamas.
C’è evidentemente qualcosa che non torna nella narrazione del 7 ottobre, perché troppe testimonianze e troppe prove dicono che Israele non ha agito per salvare le vite dei suoi cittadini, ma semplicemente le ha sacrificate, senza esitare a sparargli addosso perché lo stato ebraico aveva bisogno del suo cosiddetto “evento catalizzatore” per lanciare il genocidio dei palestinesi e giungere così verso l’estensione dello stato ebraico.
Non si vuole evidentemente soltanto una casa per gli ebrei nel mondo come affermava il “filosofo” del sionismo, Theodor Herzl.

Theodor Herzl
E’ semplicemente ovvio che qui non si tratta di costruire uno Stato nazionale per gli ebrei, una idea che già al principio presentava oggettive difficoltà, ma si tratta in tal caso più crudamente di uno Stato, o meglio di una entità, che ha una spinta irrimediabilmente imperialista e non vuole nemmeno saperne di provare a convivere con i suoi vicini.
Provò a dirlo molti anni addietro uno statista del calibro di Bettino Craxi che disse semplicemente che non c’era speranza di risolvere il conflitto israelo-palestinese senza dare una casa anche ai palestinesi, ma la leadership sionista di tale entità non ha interesse a convivere con gli altri, ma vuole distruggere, sopraffare, fino a quando non resteranno soltanto le macerie ai suoi piedi.
La tragedia del conflitto israelo-palestinese sta tutta nella folle volontà di questo manipolo di sionisti di costruire la nazione che loro chiamano Grande Israele, una sorta di impero che si estenderebbe dal Nilo all’Eufrate e che vedrebbe la sua definitiva ascesa attraverso la ricostruzione del Terzo Tempio di Gerusalemme e l’avvento dell’atteso moschiach, il leader del popolo ebreo e futuro tiranno globale.
Non c’è alcuna possibilità di fronte a tale follia di trovare una qualche soluzione, e la decisione del governo israeliano di attaccare l’Iran è l’ennesima prova di come ormai questo stato non sia più disposto a cedere, ma anzi annuncia soluzioni sansoniane quando dichiara che se esso cadrà, altri nel mondo cadranno.
La fine del secolo ebraico
Si ha a che fare quindi con una leadership che è entrata chiaramente in modalità kamikaze, e che non è minimamente disposta a sedersi al tavolo delle trattative per accettare una semplice realtà.
Il secolo XX, a tutti gli effetti il secolo del potere sionista ed ebraico, è finito.
Non esiste più il mondo uscito dalla seconda guerra mondiale, e non esiste più la superpotenza americana che corre in soccorso di Israele e mette a ferro e fuoco il Medio Oriente pur di compiacere lo stato ebraico e di garantire il suo assoluto potere in quella tormentata regione del mondo.
Sono ore queste nelle quali Israele cerca di far passare il messaggio, falso, secondo il quale gli Stati Uniti di Trump avrebbero dato la loro approvazione all’attacco, quando il presidente e il suo segretario di Stato, Rubio, hanno esplicitamente detto che Washington non ha dato alcun semaforo verde agli israeliani.
La politica estera di Trump è lì a dimostrare che gli Stati Uniti si sono separati del tutto da Israele a partire dal 2019 in poi, quando il presidente ha disposto il graduale ritiro dalla Siria, fino ad arrivare agli ultimi passi della sua diplomazia a trazione chiaramente filo-araba, concretizzatasi attraverso uno storico viaggio in Medio Oriente e gli accordi commerciali con l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi e il Qatar, senza nemmeno passare da Tel Aviv.

Donald Trump e l’erede al trona saudita, Mohammed bin Salman
Era semplicemente impensabile una volta, così come era impensabile che il presidente non intervenisse per difendere Israele dai vari attacchi degli altri Stati, a partire da quelli degli Houthi che hanno agito indisturbati con grande rabbia di Israele verso Trump, così come nelle scorse ore Teheran ha lanciato la sua risposta a Israele senza che gli USA intervenissero a favore di Israele.
Si provi soltanto per un istante a mettersi dentro una ipotetica macchina del tempo, e a tornare indietro di 20 anni, quando alla Casa Bianca c’era un personaggio come George W. Bush, una vera e propria comparsa della pericolosa fazione dei sionisti neocon rappresentata da personaggi come John Bolton, l’architetto della guerra in Iraq, Paul Wolfowitz, Dick Cheney e Donald Rumsfeld.
Sono gli uomini che hanno messo a ferro e fuoco il Medio Oriente pur di compiacere la volontà sionista che voleva colpire ogni nazione che veniva considerata una minaccia sulla strada della Grande Israele, e sono gli uomini che di fatto hanno consegnato le chiavi della politica estera americana a Israele.
Donald Trump è il presidente della svolta.
Il cambio di paradigma è semplicemente lapalissiano perché oggi gli Stati Uniti, dismessi i panni della superpotenza imperialista e indossati quelli più confortevoli e non guerrafondai della potenza non interventista, lasciano Israele al suo destino.
Nonostante tutto, la disinformazione corre veloce.
I depistaggi della falsa controinformazione che cercano di associare a tutti i costi Trump al sionismo si ripetono all’infinito, perché la macchina della disinformazione in mano ai servizi e alle solite logge non ha altre carte migliori che continuare con tale falsa campagna, nella speranza, vana, di seminare zizzania e creare divisioni nel mondo del patriottismo e del multipolarismo opposto invece a quello ormai superato dagli eventi e dalla storia dell’unipolarismo.
A smentire palesemente tale narrativa sono stati persino gli stessi israeliani che due mesi fa si lamentarono del fatto che il sostegno di Trump allo stato ebraico non va oltre le parole, ma nei fatti la politica estera della Casa Bianca non è più allineata a Tel Aviv.
Il presidente degli Stati Uniti sa molto bene quali poteri hanno in mano gli Stati Uniti d’America.
Lo sapeva altrettanto bene John Fitzgerald Kennedy, edotto da suo padre sul potere della finanza ebraica e sul movimento sionista da un “pentito” come Benjamin Freedman che lo mise in guardia sul pericolo che Israele costituiva per gli interessi americani.

JFK
Kennedy fu giustiziato in piazza, e pagò con la vita la sua opposizione a tali poteri, e lo stesso Trump ha subito attentati dagli stessi poteri che hanno ucciso il suo predecessore.
Donald Trump però ha adottato una strategia più sottile e astuta, se si vuole.
Sa perfettamente che nel mondo dell’ebraismo esistono due principali filoni, il primo rappresentato dall’internazionalismo ebraico che George Soros esprime al meglio, o al peggio, e il secondo invece rappresentato dal sionismo messianico che come la corrente sorosiana non rigetta la “necessità” di costruire un governo mondiale, ma vuole che lo si faccia attraverso il dominio dell’impero israeliano.
In diverse occasioni, Trump dichiarandosi “amico” di Israele sferrava attacchi aperti agli ebrei progressisti americani mettendosi così al riparo dalla accusa di “antisemitismo”, ma al tempo stesso lasciava con un pugno di mosche anche i vari gruppi dei sionisti incalliti come l’AIPAC e gli Adelson, messi entrambi alla porta dal presidente americano.
In altre parole, nella prima parte del suo percorso politico, il presidente ha espresso “amicizia” verso Israele facendo leva su tale sostegno di facciata per colpire la sinistra dem americana, mentre nella seconda toglie allo stato ebraico anche ogni appoggio formale, lasciandolo al suo destino nella guerra con l’Iran.
Considerate quindi tali premesse e le conseguenti conclusioni, è impossibile sperare di comprendere qualcosa dello scenario politico attuale rifugiandosi ancora dietro le vetuste e superate logiche di 20 anni fa, e chi si ostina ancora a seguire il filone dei depistaggi della falsa controinformazione resterà per sempre chiuso dentro un labirinto di bugie.
Soltanto tale lettura consente di comprendere come sia stato possibile che i cieli israeliani siano stati inondati di missili iraniani senza che gli Stati Uniti partecipassero attivamente non solo all’attacco israeliano, ma che se ne stessero con le mani in mano anche mentre Teheran rispondeva all’aggressione di Tel Aviv.
Il giorno successivo agli attacchi, cioè oggi, si iniziano a vedere i danni provocati dalla risposta iraniana.
L’Iran è riuscita con successo a distruggere la base di comando militare di Kirya, un omologo del Pentagono in Israele, senza contare gli altri danni inferti alle centrali nucleari israeliane e agli altri posti di comando.

Il centro di comando di Kirya, bombardato dagli iraniani
Secondo le ultime informazioni trapelate stamane, e ancora in attesa di conferma, l’Iran avrebbe anche ucciso il comandante della Marina israeliana, tale David Saar Salama.
Qui però si deve fare i conti con un vecchio vizio della propaganda sionista che segue più o meno sempre lo stesso manuale.
Se è Israele ad attaccare l’Iran o un altro Paese, gli organi di stampa prontamente battono tutti i presunti danni ed obbiettivi colpiti da Israele, anche se poi non di rado non c’è alcuna conferma che l’attacco abbia effettivamente colpito e ucciso chi dichiari di aver colpito e ucciso.
Viceversa quando è Israele ad essere colpito, allora gli organi di stampa si ammutoliscono, e si limitano a scrivere le bugie che gli passano le forze armate israeliane, l’IDF, che afferma che il suo sistema di contraerea, Iron Dome, che ha più buchi di una groviera, sarebbe riuscito ad abbattere tutti i missili iraniani.
Ancora oggi sorprende che anche qualche lettore cada nel tranello, e attribuisca così a Israele una forza che non ha affatto, ritrovandosi paradossalmente a fare il gioco dello stato ebraico che vuole trasmettere al mondo intero una aura di invincibilità che evidentemente non ha.
Il futuro di Israele: verso la crisi generale sistemica?
Ci si chiede quindi adesso cosa accadrà.
Soltanto ieri , i tamburi della propaganda israeliana iniziavano a far credere che le condizioni per rovesciare l’ayatollah Khomeini erano favorevoli, ma se continua così di questo passo Israele berrà la “medicina” che invece vuole somministrare a Teheran.
In Israele, c’è una guerra civile strisciante da mesi, ma anche in tal caso, i media hanno la stretta consegna di scrivere poco o nulla al riguardo.
Nulla, ad esempio, è stato scritto sull’attentato che Netanyahu ha subito lo scorso settembre da parte degli Houthi, e nulla è stato scritto sui devastanti incendi degli ultimi mesi i cui mandanti ed esecutori sono ancora ignoti.
Parimenti non è stato detto nulla delle dimissioni dei vari vertici dei servizi segreti israeliani e di quei cittadini dello stato ebraico che da qualche tempo stanno passando informazioni a Teheran, a dimostrazione che l’impenetrabile muro israeliano è pieno di crepe e che ci sono molti cittadini israeliani pronti a disertare senza troppi problemi.
Sotto certi aspetti, non si fa fatica a comprenderli.
Israele non offre loro nulla, se non una condizione di guerra permanente, e nessuna prospettiva di condurre una vita normale che non sia quella di vivere sotto le bombe dei vari Paesi vicini.
Israele non vuole farlo sapere, ma sta perdendo non pochi abitanti e sono quelli che aiutano a far crescere un Paese.
Sono risorse vere, ingegneri, informatici, architetti, economisti, giuristi che fanno i bagagli e tornano nei loro Paesi di origine dove le loro famiglie vivevano già da molti decenni, quando non gli passava nemmeno per la mente di lasciare l’Europa Occidentale o gli Stati Uniti per venire una vita in trincea negli inospitali deserti della Palestina.
A giudicare da come stanno andando le cose per lo stato ebraico e dalla sua folle politica suicida, viene da pensare che tale situazione non potrà non risolversi in un caos generalizzato di questa entità politica, fino a quando non si aprirà una feroce lotta per il potere e la successione dell’attuale governo che è sopravvissuto ad un voto di fiducia parlamentare grazie ad una seduta tenuta alle 3 del mattino di giovedì, e che, nel momento più drammatico per Israele, ha pensato “bene” di svignarsela in Grecia.
E’ arduo dire quale sarà il cammino di Israele in futuro, ma appare ragionevole dire che il tempo del potere illimitato che questo stato ha avuto tra le mani è finito.
Va sempre tenuta a mente una fondamentale verità.
Israele non è nata per volontà degli ebrei trasferitisi in Europa o negli Stati Uniti.
Nessuno di loro aveva in mente di lasciare la loro agiata condizione per emigrare in Medio Oriente.
Israele nasce soltanto per la esplicita volontà della potente famiglia Rothschild che già verso la fine dell’800 aveva iniziato a comprare terre e appezzamenti in Palestina perché si era deciso che questo era il luogo dove sarebbe dovuta rinascere la nazione, poiché qui c’era e c’è Gerusalemme, la città dove i vari movimenti e sette sioniste come Chabad Lubavitch attendono spasmodicamente la ricostruzione del Tempio e l’ascesa, testuali parole, del Nuovo Ordine Mondiale.
Uno dei leader storici di questa influente setta, il rabbino Schneerson, morto nel 1994, disse che dopo il governo di Netanyahu sarebbe giunto il cosiddetto moschiach.

Un giovane Netanyahu assieme al rabbino Schneerson
In tutta sincerità, pare che dopo questo governo stia arrivando la catastrofe per questo stato che se non troverà presto qualche leader di buon senso andrà verso la sua definitiva autodistruzione.
Israele sembra incapace di accettare la realtà, e più tale condizione perdura più fragorosa e disastrosa sarà la sua caduta.
Siamo entusiasti di comunicarvi la partnership tra Oggi Notizie e Anime Libere, un social libero da CENSURE, Intelligenza Artificiale, e algoritmi di controllo. Con il nuovo social Anime Libere hai la possibilità di pubblicare tu stesso notizie e argomenti di tuo interesse, aprire gruppi pubblici o privati e interagire con tutti gli iscritti attraverso una chat in tempo reale. Anime Libere preserva e promuove la possibilità di esprimersi e condividere opinioni, incoraggiando una discussione rispettosa e civile tra gli utenti.
Anime Libere non solo è totalmente gratuito, ma chi volesse sostenere il progetto sottoscrivendo un abbonamento avrà la possibilità di GUADAGNARE invitando amici ad iscriversi e monetizzare tramite i contenuti che pubblicherà