Con la scusa dell’evasione hanno o stanno raggiungendo un altro obbiettivo, sta a tutti noi impedirlo
Negli ultimi tempi si è parlato molto in Italia di una delle prime iniziative del governo Meloni, un progetto di legge per innalzare il limite del contante— che, dopo l’annuncio iniziale di 10.000 euro, verrà probabilmente fissato a 5.000 euro (nel 2011 il governo guidato da Mario Monti abbassò il limite da 2.500 a 1.000 euro, nel 2016 il governo Renzi lo portò a 3.000 euro, il secondo governo Conte nel 2020 lo riportò a 2.000, mentre a gennaio 2022 sarebbe dovuto tornare a 1.000 euro, ma per via di Lega e Forza Italia quest’ultima modifica venne posticipata a inizio 2023).
Si tratta di una misura simbolica che non offre nessun particolare vantaggio per le persone comuni, ma che potrebbe avere effetti negativi sulla lotta all’evasione—anche la Banca d’Italia ha riconosciuto una relazione diretta tra un maggiore uso di soldi contanti e l’economia sommersa.
Tra il 2020 e il 2021, l’Italia ha registrato un aumento dei pagamenti senza contanti del 23 percento—complice il timore di infettarsi attraverso il contatto con le banconote durante la pandemia, ma complice anche l’iniziativa cashback, che ha incoraggiato l’uso della carta anche per importi ridotti, grazie alla possibilità di ottenere un rimborso sugli acquisti per chi realizzava un certo numero di transazioni. Tuttavia siamo ancora decisamente in ritardo rispetto al trend globale di una società cashless: nell’Unione Europea il nostro paese è al 24esimo posto (su 27) per numero di transazioni pro capite annue con carta, spiegano per mail a VICE Ivano Asaro e Valeria Portale, direttori dell’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano.
Ma se un domani nel nostro paese si decidesse di spingere al massimo le transazioni digitali, o addirittura di bandire il contante in uno scenario futuristico, cosa succederebbe e cosa bisognerebbe fare per riuscirci? Asaro e Portale mi fermano subito. “L’idea di una società completamente senza contante—o, peggio, che obbliga i consumatori a rinunciarvi—non è auspicabile,” dicono. “Nessuno vuole andare in quella direzione visto che le conseguenze sociali sarebbero considerevoli.” Non a caso in Svezia, paese ormai quasi totalmente cashless, il governo ha deciso di correre ai ripari (ma ci arriviamo dopo).
I due ricercatori del Politecnico mi spiegano che in una società prevalentemente senza contanti i vantaggi sarebbero numerosi: il concetto stesso di smart city non può prescindere da una diffusione maggiore dei pagamenti digitali—servizi come il car sharing o i monopattini elettrici in sharing non potrebbero esistere altrimenti—mentre una digitalizzazione della Pubblica Amministrazione renderebbe più semplice ed efficiente anche il pagamento di vari servizi pubblici.
ECCO LA SCUSA
Il vantaggio più ovvio per la collettività sarebbe una riduzione dell’evasione fiscale: secondo stime dell’Osservatorio di qualche anno fa il 33 percento dell’incassato in contanti non viene dichiarato, percentuale che scende al 12 percento quando si incassa invece in elettronico. “Ovviamente esistono frodi o truffe anche in una società cashless, ma è dimostrato che i pagamenti digitali, per via della loro tracciabilità, ostacolano l’evasione e il riciclo di denaro e rendono la vita un po’ più difficile anche al crimine organizzato,” aggiunge Asaro.
Tenendo conto che l’Italia ha una delle popolazioni più anziane al mondo, cosa che non agevola di certo l’apertura e la fiducia nelle innovazioni tecnologiche, per trasformare il nostro paese in una società cashless servirebbe una massiccia campagna di educazione digitale e un’opera di convincimento non da poco. Gli ostacoli infrastrutturali non sarebbero secondari: tutti abbiamo presente la scena di un cameriere che cammina col POS in mano all’aperto, alla disperata ricerca della rete. La situazione potrebbe però migliorare nei prossimi anni, considerato che i fondi del PNRR assegnati dall’Italia alla transizione digitale ammontano a circa 63,5 miliardi di euro.
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