Ad Anchorage, si è assistito ad uno dei vertici politici internazionali più importanti degli ultimi 50 anni.
Alcuni organi di stampa hanno scritto che Mosca e Washington si sarebbero messe al tavolo per cercare di ricucire lo sfilacciato tessuto delle relazioni tra i due Paesi, ma tale affermazione appare come una valutazione superficiale di quello che è accaduto negli ultimi 10 anni.
Gli Stati Uniti e la Russia sono divenuti alleati nel momento stesso in cui Donald Trump ha deciso di candidarsi a presidente degli Stati Uniti per mettere fine al falso duopolio che aveva governato Washington per più di un secolo.
Aveva poca o nessuna importanza prima che a sedersi sulla scrivania dell’ufficio ovale ci fosse un esponente del partito democratico o del partito repubblicano, poiché nessun esponente di questi due partiti osava mettere in discussione l’architrave del potere che aveva in mano Washington.
Washington si è ritrovata ad essere l’espressione di potenti apparati transnazionali che avevano deciso già molto tempo addietro che gli Stati Uniti avevano il compito di trascinare il resto del mondo verso la tanto agognata governance globale.
Se si volesse risalire al momento originario nel quale determinati poteri scelsero gli USA come leader del governo mondiale, si potrebbe leggere il manifesto chiamato “La città dell’uomo” firmato da intellettuali liberal-progressisti quali Gaetano Salvemini e Thomas Mann, nel quale si auspicava appunto la manifestazione di una repubblica universale dominata dagli Stati Uniti d’America.
Se si vuole invece cercare una lettura ancora più esoterica di questa visione, allora si può leggere l’opera di uno dei più importanti e influenti liberi muratori della storia, quale Manly P. Hall, che nel suo libro “ll destino segreto dell’America” scrisse che l’America era stata scelta per trascinare l’umanità verso un governo mondiale.

Manly P. Hall
Donald Trump è il presidente che mette fine alla continuità imperialista americana.
La sua presidenza segna un punto di rottura con l’ordine stabilito nel lontano 1945 e riporta gli Stati Uniti verso una dimensione nazionale perduta, che non si vedeva almeno dai tempi del presidente Lincoln, quando il Paese ancora non aveva ceduto la sua sovranità politica e monetaria a quegli ambienti finanziari che invece nell’900 divennero i padroni assoluti degli Stati Uniti.
Una volta che Donald Trump si è proposto di riconquistare la sovranità perduta degli Stati Uniti, la necessaria conseguenza non poteva che essere lo scontro con tali poteri, e ciò spiega perché, sin dal primo momento, il suo naturale interlocutore non poteva essere altri che il presidente russo, Vladimir Putin, che aveva già dai primi anni 2000 preso in mano il suo Paese per strapparlo dalle grinfie dei vari oligarchi askenaziti che dopo la caduta del muro di Berlino avevano trasformato la Russia in un inferno a cielo aperto.
L’opposizione della governance globale all’alleanza tra Trump e Putin
Non stupisce dunque che l’intesa tra Stati Uniti e Russia sia sempre stata la grande nemesi dei vari apparati del mondialismo, perfettamente consapevoli che se Washington e Mosca avessero stabilito una solida alleanza in contrapposizione ad ambienti come il forum di Davos, il gruppo Bilderberg, il club di Roma, e istituzioni come l’UE e la NATO, le possibilità di costruire un supergoverno mondiale sarebbero state pressoché nulle.
Soltanto così si comprende la montatura del Russiagate, o Spygate, concepita sin dal primo istante per sabotare la normalizzazione dei rapporti tra Stati Uniti e Russia, attraverso la diretta partecipazione non solo dell’ex presidente Obama e di Hillary Clinton, ma anche dei servizi segreti italiani che si prestarono al tempo del governo Renzi per eseguire un golpe di portata internazionale che vide anche il coinvolgimento attivo del Regno Unito, sempre presente per difendere l’impalcatura Euro-Atlantica.
Non era però abbastanza.
Serviva qualcosa di ancora più vasto per fermare Trump e così, nel 2020, va in scena il secondo capitolo del tentativo di rompere questa intesa quando il partito democratico americano, ancora una volta assistito dal governo italiano, all’epoca presieduto da Giuseppe Conte, che si adoperò per rovesciare la presidenza Trump attraverso una massiccia frode elettorale che permise l’elezione di Joe Biden, ma qualsiasi cosa sia accaduta il golpe non portò i risultati desiderati.
Joe Biden si è rivelato un presidente virtuale, incapace o impedito nello spostare le linee guida della politica estera di Trump, che sono rimaste tutte lì al loro posto, con grande rammarico e rabbia degli apparati Euro-Atlantici che erano così convinti di aver risolto il “problema” portato da Donald Trump.
Alcuni, come John Kerry, membro della setta massonica Skulls & Bones, si dichiaravano convinti che sotto l’amministrazione Biden si sarebbe manifestato il Grande Reset, e invece si è visto che la farsa pandemica negli Stati Uniti si spegneva, lasciando così sola l’Unione europea che avrebbe continuato volentieri ad eseguire quella operazione terroristica.
Una volta compreso che la presidenza Biden era puramente virtuale, gli stessi ambienti che concepirono la frode elettorale del 2020, si misero ancora una volta all’opera per cercare di sbarrare la strada al ritorno ufficiale del presidente Trump, attraverso un attentato alla sua vita il 13 luglio del 2024, quando a Butler, il 20enne di origini ebraiche, Thomas Crooks, sparava contro di lui dei colpi di fucile che ferirono Trump all’orecchio e che soltanto per un miracolo non misero fine alla vita del presidente.

Trump dopo l’attentato di Butler
Vladimir Putin, quel giorno, profondamente commosso dall’evento di Butler, è andato in chiesa a pregare per la vita del suo amico Donald, e quest’anno ha regalato un bellissimo dipinto al presidente americano che ricorda l’evento come segno della amicizia e stima tra i due Paesi.
L’alleanza tra le due potenze è sempre rimasta lì, intatta.
Non è andata via nemmeno per un istante e oggi, nel 2025, si assiste soltanto alla tappa finale di un percorso che sta cambiando completamente i rapporti internazionali.
L’imperialismo di Washington, di fatto, non esiste più.
Ad essere tramontata, è soprattutto l’idea della superpotenza americana che metteva a ferro e fuoco il Medio Oriente e molti altri luoghi in giro per il mondo a difesa sia dello stato ebraico, sia di quel conglomerato di gruppi finanziari e multinazionali quali BlackRock e Vanguard che si servivano dell’esercito americano per rovesciare il governo di turno che si stava mettendo sulla strada della NATO e dell’alta finanza.
Gli Stati Uniti hanno così abdicato alla loro condizione di garanti del globalismo quali sono stati a lungo tempo, tanto da portare i loro presidenti, quali il non compianto George H. Bush, a dire nel 1990 che era giunto il tempo per la manifestazione del Nuovo Ordine Mondiale, quando sulle macerie fumanti del muro di Berlino, non sembrava esserci più alcun ostacolo per l’unipolarismo americano.
Gli Stati Uniti e la Russia hanno smontato l’impalcatura del mondialismo
Oggi però l’impero non esiste più, e il disimpegno degli Stati Uniti ha consentito alla Russia di ridisegnare completamente gli equilibri internazionali che erano stati stabiliti dal 1945 in poi.
Si potrebbe metterla in questi termini.
A poco a poco, anno dopo anno, i due presidenti si sono messi all’opera per smontare ogni singolo pezzo, militare, politico ed economico, dell’impalcatura del mondialismo.
Si è assistito ad un preciso e concertato lavoro di strategia geopolitica.
Agli Stati Uniti spettava il compito di mettere fine, tramite i dazi, alla globalizzazione nata dopo la fine del muro di Berlino e alle selvagge delocalizzazioni che hanno deindustrializzato l’Europa e gli Stati Uniti, mentre alla Russia è spettato il compito di mostrare la via per un nuovo corso delle relazioni internazionali non più fondato sull’unipolarismo americano, ma sulla parità dei rapporti tra gli Stati nazionali, tornati finalmente sulla scena e non più costretti a sottostare al giogo militare e monetario di Washington che usava o l’esercito o le sanzioni finanziarie, a seconda delle opportunità, per colpire l’avversario di turno.
Gli obiettivi degli Stati Uniti e di Russia si sono rivelati perfettamente coincidenti.
Si potrebbe essere tratti in inganno da alcune apparenti dichiarazioni ostili di Trump contro i BRICS, ma il presidente americano mai si è opposto nelle sue azioni politiche al corso del mondo multipolare che vuole mettere fine alla supremazia del dollaro.
Donald Trump è un presidente abile e astuto.
Sa perfettamente che la stampa mondiale lo aspetta al varco per definirlo “uomo di Putin” e allora, di quando in quando , getta un po’ di fumo negli occhi del mainstream mediatico attraverso qualche roboante dichiarazione contro i BRICS, subito però smentita dalla sua stessa volontà di liberarsi del dollaro come valuta di riserva globale, perché il biglietto verde ha aumentato a dismisura le importazioni americane e portato il lavoro lontano, fuori dai confini americani.
Si è così delineata una situazione ideale per la Russia.
A Washington, non ci sono più dei presidenti nominati in anticipo dal Council on Foreign Relations della famiglia Rockefeller, e c’era pertanto tutto lo spazio necessario per Mosca sia per aiutare l’Africa a liberarsi del cappio del colonialismo francese, altro perno di riferimento degli assetti post-45, sia per assestare attraverso l’operazione militare in Ucraina un duro colpo all’imperialismo della NATO, che ha dimostrato senza gli Stati Uniti di essere soltanto una tigre di carta.
Si nota anche qui la coincidenza dei fini.
Il presidente Trump ha espresso chiaramente l’intenzione di staccare la spina alla NATO il prima possibile perché non ha interesse a presiedere e mantenere finanziariamente l’esercito della governance globale, e non appena quel ridicolo bluff dei Paesi membri di impegnarsi a spendere il 5% del PIL sarà smascherato nelle discussioni delle varie manovre finanziarie, il capo di Stato americano non ci penserà due volte a ritirare gli USA dal patto, come ha già detto lui stesso alla fine del 2024.

Trump all’inaugurazione della cattedrale di Notre Dame lo scorso dicembre
Sono evidentemente pressoché nulle le possibilità che si salvi l’ordine ereditato dalla seconda guerra mondiale.
L’isolamento dell’UE voluta da Kalergi e finanziata da Washington
Non esiste una forza che sia in grado di arrestare questo cambiamento della storia che, sotto molti aspetti, sembra guidato dalla mano della Provvidenza che ha voluto che questi due presidenti salissero al potere per iniziare a smantellare assieme tutta l’architrave Euro-Atlantica.
Il segno di Maria non si è visto infatti soltanto il giorno nel quale è stato salvato Trump, il 13 luglio quando la Madonna apparve per la terza volta a Fatima, ma anche nel giorno scelto per tenere lo storico vertice tra Stati Uniti e Russia, il 15 agosto, la ricorrenza dell’Assunzione di Maria.
L’ultimo pezzo della defunta governance globale, l’UE, si ritrova quindi così, isolata e con in mano un pugno di mosche.
Una potenza piccolo-media come l’Ungheria di Orban o come la Bielorussia di Lukashenko ha ad oggi molto più potere di questa organizzazione internazionale che senza l’appoggio di Washington dimostra tutta la sua irrilevanza politica e geopolitica.
I commissari europei raccolgono soltanto umiliazioni in giro per il mondo.
Non vengono rispettati dai leader degli Stati perché essi non costituiscono nemmeno un vero governo di una vera nazione, ma sono tutt’al più un disordinato apparato burocratico controllato da vari poteri economici e finanziari, quali banche e case farmaceutiche, che di volta in volta impartiscono gli ordini al Berlaymont.
I vari statisti non riconoscono pertanto all’UE le prerogative di un vero capo di Stato e di governo che parla e agisce a nome della sua nazione, ed è legittimato a farlo anche perché investito di un mandato elettorale, a differenza dei commissari non eletti e sconosciuti in larga parte all’opinione pubblica.
L’Unione europea è un fantasma che si aggira per i tavoli internazionali e che viene snobbato per la sua inconsistenza politica.
Chiaramente l’Unione non può esistere di vita propria perché essa, nei primi anni’50, sin dai primi istanti della sua gestazione era sorretta politicamente e finanziariamente dal precursore della CIA, l’OSS, che faceva arrivare fondi e sosteneva la creazione della governance comunitaria.
A concepirla era stato ancora prima, negli anni’20, il conte Kalergi, aristocratico di origini austriache e giapponesi che aveva in mente la nascita di una Europa unita, separata dalle sue radici cristiane, e figlia di un cosmopolitismo che avrebbe fatto sparire i vari popoli europei pur di compiacere, nelle stesse parole del conte, i vari ambienti ebraici che generosamente finanziavano il fondatore dell’associazione Paneuropa, tra i quali c’erano i soliti Warburg e i soliti Rothschild.

Il conte Kalergi
Agli Stati Uniti, perno dell’Euro-Atlantismo, spettava il compito di garantire la costruzione dell’Unione come primo passo per arrivare alla successiva costruzione degli Stati Uniti d’Europa, una sorta di superstato che di europeo non avrebbe nulla, se non il nome, e che sulla carta sarebbe stato nelle mani di Washington e degli altri poteri che un tempo esercitavano il controllo assoluto della Casa Bianca.
Il vertice dell’Alaska: il trionfo dell’alleanza tra Stati Uniti e Russia
Ad Anchorage, il giorno di Maria, c’è stata evidentemente la firma definitiva che certifica la morte di quel mondo e dell’epoca che lo ha prodotto.
Si sta tornando inesorabilmente al protagonismo delle nazioni, e l’Unione a tal punto è ridotta alle citate condizioni di ectoplasma politico che si aggira per il mondo e viene ignorato dai veri leader politici, consci che tale blocco non ha alcun peso in materia.
In Alaska, dunque si vedono maturare i frutti dell’alleanza tra Trump e Putin e si assiste a scene, che soltanto 10 anni prima, sarebbero state definite impensabili.
I due presidenti sono scesi dai loro rispettivi aerei quasi in contemporanea, e Trump ha atteso sul tappeto rosso Putin applaudendolo e ringraziandolo calorosamente per essere tornato negli Stati Uniti.
Putin e Trump ridono e scherzano insieme sull’auto del presidente americano
Verso il cammino che li portava verso le loro macchine, Trump ha invitato Putin a salire sulla sua auto presidenziale, e i due si sono diretti verso il vertice ridendo e scherzando come due vecchi amici che si rivedono dopo molto tempo.
Alla fine del summit, i volti delle due delegazioni sono raggianti.
Sia Trump che Putin si ritengono pienamente soddisfatti perché sono stati delineati i punti per un accordo di pace in Ucraina, e non è da escludersi che sul tavolo siano state affrontate altre questioni.
Allarmato, Zelensky ha avuto una conversazione telefonica con il presidente Trump dopo la fine dell’incontro e dopo la chiacchierata con Trump ha scritto subito un post su X, nel quale cerca il sostegno della debole Unione europea per provare a resistere agli Stati Uniti e alla Russia che gli stanno dando l’ultima possibilità di firmare un accordo di pace, dopo la quale il leader del regime nazista ucraino, sarà ancora più isolato e non potrà essere certo la debole Unione a togliergli le castagne dal fuoco.
Se Zelensky avesse un minimo di lucidità politica, firmerebbe subito quell’accordo, e si assicurerebbe così qualche possibilità di uscire vivo da questa crisi, ma il leader ucraino ha dimostrato da lungo tempo che mai è stato uno statista, ma soltanto un gangster messo lì dalla NATO per presidiare il regime nazista nato dopo il colpo di Stato dell’Euromaidan nel 2014.
Stessa costatazione può farsi per Bruxelles.
Se la debole Unione europea avesse ancora in sé una qualche capacità di ragionare, smetterebbe di giocare al rialzo non avendo in mano né le fiche né le carte per farlo, ma a Bruxelles sembrano da tempo incapaci di accettare la realtà che l’organizzazione europea non può esistere senza gli Stati Uniti, tantomeno può pensare di sopravvivere ad uno scontro frontale con Washington.
A Bruxelles, farebbero meglio a considerare la possibilità che se decideranno di mettersi di traverso contro l’accordo stabilito da Trump e Putin, non è escluso che il presidente americano rialzi subito i dazi, che saliranno comunque al 30%, perché le promesse fatte dalla Von der Leyen al presidente americano valgono meno di quelle di un marinaio.
Intanto Putin dopo il vertice ha già invitato pubblicamente Trump a venire a Mosca, e il presidente americano ha risposto con gioia alla richiesta del presidente russo.
Nel viaggio di ritorno, due F-35 hanno scortato l’aereo di Putin che forse mentre sorvolava i cieli russi pensava ancora a quella conversazione fatta di risate e allegria con il suo amico Donald nella sua limousine presidenziale.
I due presidenti hanno voluto mandare un messaggio a tutti i loro nemici nei vari club del mondialismo che per anni hanno cercato di eliminarli con ogni mezzo.
Noi siamo qui, a fare la storia, la stessa storia che vi ha già condannato a uscire di scena.
Siamo entusiasti di comunicarvi la partnership tra Oggi Notizie e Anime Libere, un social libero da CENSURE, Intelligenza Artificiale, e algoritmi di controllo. Con il nuovo social Anime Libere hai la possibilità di pubblicare tu stesso notizie e argomenti di tuo interesse, aprire gruppi pubblici o privati e interagire con tutti gli iscritti attraverso una chat in tempo reale. Anime Libere preserva e promuove la possibilità di esprimersi e condividere opinioni, incoraggiando una discussione rispettosa e civile tra gli utenti.
Anime Libere non solo è totalmente gratuito, ma chi volesse sostenere il progetto sottoscrivendo un abbonamento avrà la possibilità di GUADAGNARE invitando amici ad iscriversi e monetizzare tramite i contenuti che pubblicherà














