Come diceva Kary Mullis, la scienza forense del DNA è largamente una frode, ed ora salta fuori che anche l’analisi delle impronte digitali non è esattamente quella certezza che abbiamo sempre creduto essere.
La biometria delle impronte digitali è parte integrante dell’autenticazione digitale e della scienza forense. Tuttavia, si basa sul presupposto, non dimostrato, che non esistano due impronte digitali uguali, nemmeno di dita diverse della stessa persona. Questo le rende inutili in scenari in cui le impronte digitali presentate provengono da dita diverse da quelle registrate. Contrariamente a questo presupposto prevalente, dimostriamo con una confidenza superiore al 99,99% che le impronte digitali di dita diverse della stessa persona condividono forti somiglianze. Utilizzando reti neurali gemellari profonde per estrarre vettori di rappresentazione delle impronte digitali, scopriamo che queste somiglianze permangono in tutte le coppie di dita della stessa persona, anche tenendo conto di fattori spuri come la modalità del sensore. Abbiamo anche trovato prove che l’orientamento della cresta, soprattutto vicino al centro dell’impronta, spiega una parte sostanziale di questa somiglianza, mentre le minuzie utilizzate nei metodi tradizionali sono pressoché non predittive. I nostri esperimenti suggeriscono che, in alcune situazioni, questa relazione può aumentare l’efficienza delle indagini forensi di quasi due ordini di grandezza.



